lunedì 31 agosto 2009

Viareggio, due mesi dopo: aumenta il tragico conteggio delle vittime, ma ancora nessun responsabile

Due mesi esatti dopo la terribile notte del 29 giugno, giunge la notizia di una ennesima vittima, la trentesima. Uccisa dalle bruciature che le hanno devastato l’80% della superficie corporea, è morta a 45 anni anche Marina Galano. Altri feriti gravi lottano da più di due mesi nei reparti grandi ustionati degli ospedali.

Colpisce come, a differenza dei primi giorni, la notizia scivola via sui giornali quasi in sordina, un tragico aggiornamento di un episodio consegnato alla storia come “il più grave incidente ferroviario del dopoguerra”.

Non è stata neppure l’occasione, questa ennesima vittima, per riferire di qualche sviluppo delle inchieste che, si era detto nei giorni immediatamente successivi all’accadimento, avrebbero fatto piena luce appurando responsabilità e cause, ricostruendo la concatenazione di errori, omissioni, complicità forse, che hanno permesso il verificarsi di un evento tanto grave e luttuoso.

Cosa si è fatto fino ad oggi? Quale è lo stato delle indagini? Quali le responsabilità emerse?
L’indomani della tragedia dicemmo che si stava già verificando il rimpallo delle responsabilità: il gestore dell’infrastruttura (RFI), Trenitalia, Divisione Cargo, il vettore che utilizzava i carri, e così via…in una sarabanda di nomi e di sigle che si ramificano e si rincorrono fino in America, quasi a far perdere le loro tracce.

Si lavora per ricostruire, si contano i danni, ma i responsabili intanto non saltano fuori: chi potrà mai ripagare quei morti, chiedere perdono ai superstiti? Sgomberate le macerie di case e negozi, restano quelle, irrimediabili, delle vite di intere famiglie, falcidiate in un attimo perché, forse, qualcuno ha falsificato delle dichiarazioni, qualcuno non ha fatto i dovuti controlli, qualcuno ha barattato la vita di 30 persone con qualche migliaio di euro.

Lo si è detto all’inizio, bastava controllare meglio una saldatura: questo però nessuno lo dice più, si parla della tragedia come fatalità, incidente. Ma non è stato un incidente, non almeno nel senso di evento non prevedibile. Era prevedibile eccome, in assenza di adeguati controlli.

Di tutto questo non si parla più, i vertici delle ferrovie sono a tutt’oggi al loro posto e anzi, ministri e alti funzionari di Stato si erano affrettati a confermar loro stima e immutata fiducia. Certo la colpa non dev’essere loro, le regole sono state tutte applicate e quindi, si, ecco, è stata una fatalità o, al più, si devono cambiare le regole, ma prima ancora quelle europee. Ecco fatto, tutto a posto. Nessuno ha visto che bombe chimiche andavano (e, per quanto ne sappiamo, ancora vanno) su e giù per la penisola su carrette vecchie e decrepite che i tedeschi o i francesi buttano e noi compriamo invece che rottamarle, poi gli si rifà un po’ il trucco e oplà, pronte per partire.

Solo che qui ci sono 30 morti (e speriamo di fermarci qui con il conteggio), e non è ancora emersa nessuna responsabilità. Che sia colpa delle persone che abitavano troppo vicine ai binari?

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