domenica 31 gennaio 2010

PROVINCIA: SÌ DAL CONSIGLIO ALLA MOZIONE SULLA CRISI NEL TIGULLIO

Presentata da Sonia Zarino (PD) ha ricevuto il voto favorevole di tutta la maggioranza e del consigliere Tassi (PDL) e le astensioni di Paolo Bianchini dello stesso gruppo e di Massimo Pernigotti (Lista Biasotti).

Genova, 28 - Chiede l’impegno del presidente della Provincia e della giunta “nelle forme che competono all’ente” perché siano attivati “gli strumenti e le risorse disponibili, compresa la cassa integrazione in deroga, per affrontare nel modo più efficace possibile la situazione di vera e propria emergenza che si è determinata nel Tigullio” e per “mettere in atto gli opportuni strumenti concertativi con gli enti locali e le parti sociali affinchè alle iniziative immediate per fronteggiare la crisi si affianchi una azione per determinare il rilancio complessivo del Tigullio”.

E’ la mozione sulla crisi del tessuto economico e produttivo nel levante provinciale presentata da Sonia Zarino, Simone Pedroni e Maria Angela Milanta (PD) che il Consiglio Provinciale, dopo il dibattito – concluso dall’assessore Paolo Perfigli e in cui con Zarino sono intervenuti i consiglieri Maurizio Barsotti (PDL) e Massimo Pernigotti (Lista Biasotti) - ha approvato con il voto favorevole di tutta la maggioranza e del consigliere Giuseppe Tassi (PDL), mentre si sono astenuti Paolo Bianchini dello stesso gruppo e Massimo Pernigotti (LB).

Per la consigliera Zarino “la crisi economica si è ulteriormente approfondita e contrariamente a quanto si sta dicendo a livello nazionale non si intravvedono spiragli perché i dati delle organizzazioni sindacali e della Camera di Commercio in dodici mesi segnalano che 254 attività del settore manifatturiero hanno chiuso e nell’entroterra del Tigullio sono state 74 le imprese cancellate, mentre i cassintegrati sono aumentati in modo esponenziale e le stime più ottimistiche dicono che solo il 70% rientrerà al lavoro.

E’ nostro dovere cercare azioni strutturali per aiutare il Tigullio ad uscire dalla crisi, con un impegno specifico nei confronti del tessuto produttivo - che chiede anche infrastrutture e spazi dal tunnel della Fontanabuona, al prolungamento di viale Kasman, alla colmata di Lavagna, alle aree per la Lames - per comprendere anche quali siano i settori con le maggiori prospettive di rilancio e di crescita.”

Maurizio Barsotti ha detto che “l’obiettivo nel Tigullio è di risolvere problemi atavici, di spazi, per facilitare l’incremento imprenditoriale. Che gli incentivi economici regionali siano usati al meglio, semplificando le procedure per le imprese e che ci siano maggiori facilitazioni nell’accesso al credito.”

Secondo Massimo Pernigotti “la mozione contiene elementi positivi per fronteggiare la crisi partendo dagli strumenti che la Provincia può avere a disposizione, ma anche negativi perché non prevede un movimento attivo sul territorio, bensì un’azione tardiva e soprattutto generica per correre ai ripari.”

Per l’assessore Perfigli (che il 10 febbraio avrà a Chiavari con Regione, parti sociali, enti locali e categorie, un nuovo incontro per “presidiare e studiare ulteriori azioni e strumenti concreti nello sviluppo di politiche attive per il lavoro”) l’impegno della Provincia sulla crisi “è quotidiano e concreto, con assoluta consapevolezza della serietà delle difficoltà del Tigullio sulla quale occorre però anche un’analisi molto puntuale dei dati, per leggerli nella loro giusta articolazione, perché nei numeri delle imprese in crisi ce ne sono anche molte individuali.”

Le aziende hanno esigenze di spazi “e per la Faci di Carasco che chiedeva un’area per il nuovo magazzino, attraverso la pianificazione si sta avviando questa operazione, nelle scorse settimane è stato definito l’accordo di pianificazione per l’insediamento della Lames a Pian Seriallo e ora c’è bisogno che il Comune di Chiavari e l’azienda raggiungano l’intesa per arrivare all’accordo di programma conclusivo” e anche per le infrastrutture la Provincia “sta lavorando, è in atto l’iniziativa sul tunnel della Fontanabuona, su viale Kasman ci sono ancora opinioni diverse, ma la Provincia sta dando tutto l’impulso possibile e il progetto per la colmata di Lavagna potrà rispondere alle esigenze di rafforzamento della nautica e vorremmo individuarvi anche la soluzione per il depuratore.”

venerdì 29 gennaio 2010

Di cosa è fatta la ripresa degli USA

di Maurizio Blondet

Non c’è bisogno di parole per spiegare questa tabella, che indica le consegne di beni durevoli in USA. Solo il settore militare prospera (+15%), grazie alla «domanda» del Pentagono. Tutti gli altri settori industriali e civili sono crollati tragicamente: da -18 per le macchine utensili e i computers, a -30 per le auto, ad un abissale -33 per le industrie avanzate di semiconduttori (microchips) e i materiali per telecomunicazioni. Ancora più tragico il collasso degli ordinativi, che indicano la situazione nel prossimo futuro: -44 la domanda di metalli primari, -65 la domanda di nuovi aerei per uso civile.

martedì 26 gennaio 2010

27 gennaio, per non dimenticare

A partire dalle ore 9,30 a Palazzo Ducale nella sala del Maggior Consiglio si terrà la Cerimonia Ufficiale del Giorno della Memoria.

L'oratore ufficiale sarà Giovanni Maria Flick,
Presidente Emerito della Corte Costituzionale.

giovedì 14 gennaio 2010

Bersani a Rosarno contro la 'ndrangheta, per la legalità

“Sarò a Rosarno il 14 gennaio per dare il segno che da parte nostra non c’è solo interesse verso una vicenda tanto agghiacciante, ma c’è anche la determinazione di far seguire fatti concreti”. Con queste parole Pier Luigi Bersani apre la conferenza stampa per presentare le proposte PD sulla lotta alla ‘ndrangheta e annuncia la sua partecipazione a l’iniziativa “Per la legalità, giornata nazionale di solidarietà”, indetta dai democratici.

La visita odierna di Bersani in Calabria prenderà il via da Lamezia Terme (ore 11). Il segretario si recherà a Palmi alle ore 14, per poi chiudere la giornata a Rosarno alle 15.15.Presenti alla conferenza anche il responsabile giustizia, Andrea Orlando, i capigruppo in commissione Giustizia di Camera e Senato, Donatella Ferranti e Felice Casson e Laura Garavini, capogruppo in commissione Antimafia. Lo scopo dell’iniziativa PD, secondo il segretario, è “di riportare allo scoperto una realtà troppo sottaciuta com’è la ‘ndrangheta e allo stesso tempo di rafforzare la battaglia e non lasciare solo chi è sul fronte”.

È necessario inoltre riflettere sul binomio “immigrazione e lavoro: temi sociali che si affacciano in modo drammatico. Il problema che in Calabria si è manifestato con picchi altissimi, esiste in tutta Italia. Le normative esistenti non sono riuscite ad affrontare un problema semplice: se in alcuni settori non abbiamo mano d'opera, noi dobbiamo decidere se rinunciare ad essi. Sbaglia il sottosegretario Mantovano quando dice 'non e' vero che gli italiani non vogliono fare più i lavori agricoli, ma non li vogliono fare a quei prezzi’. La questione e' che il mercato del lavoro non incrocia queste esigenze: o si fa un'immigrazione regolare oppure dire 'no' alla clandestinità e' come fermare l'acqua con le mani. Non si possono agitare solo i problemi come fa la destra; bisogna anche affrontarli. Non si può solo agitare lo spettro della clandestinità quando si governa per la maggior parte degli ultimi anni, si ha la legge Fini-Bossi e si ha il ministero dell'Interno''.

Lotta alla ‘ndrangheta: le 7 proposte del PD. I democratici porteranno in aula una serie di misure da adottare con la massima urgenza.

1) Prima fra tutte la rapida approvazione delle norme contro l’auto riciclaggio, oggi non previsto come reato e da equiparare invece al riciclaggio. È Laura Garavini a spiegare che “il segnale più forte che si possa dare alla ndrangheta è quello che intacca il suo potere economico, perciò punire l’investimento di soldi provenienti da attività illecite è più che doveroso”.

2) Così come dovrebbe essere costituita in fretta l’Agenzia nazionale dei beni confiscati rimodulata la norma che prevede la vendita all’asta dei beni confiscati. “questa purtroppo, spiega la deputata PD, è una delle tante promesse non mantenute dal ministro Maroni, come lo scioglimento del Comune di Fondi”.

3) Come evidenziato da Orlando, “Il Pd chiede anche la riformulazione dell’articolo 416 bis del codice penale e relativo formale inserimento della parola “n’ndrangheta”.

4) Inoltre, il responsabile Giustizia, chiede “la rapida calendarizzazione del ddl presentato dal PD sull’assegnazione alle procure dei magistrati di prima nomina per sopperire ai problemi di organico”. Sul punto è Donatella Ferranti ad evidenziare la “drammatica carenza di personale giuridico in tutta Italia, ma in particolare nelle procure di Nicosia, Catanzaro, Palermo e Catania".

5) Il Pd propone l’immediata estensione dei protocolli per la Legalità. Per garantire con la massima trasparenza le procedure di spesa assumendo l’obbligo, prima di procedere alla stipula del contratto d’appalto, o all’autorizzazione ai subappalti e/o subcontratti, di acquisire da parte delle competenti Prefetture informazioni antimafia sul conto delle imprese aggiudicatarie e subappaltatrici interessate, anche se hanno sede legale al di fuori della provincia.

6) Il senatore Felice Casson ha posto l’accento sull’immediato ritiro del ddl del Governo (attualmente all’esame del senato) che complessivamente limita il ruolo delle intercettazioni quale mezzo di ricerca della prova. “Non è condivisibile la limitazione circa l’utilizzabilità delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelle in cui sono state autorizzate, soprattutto se si pensa che raramente l’indagine prende il via da un’accusa di associazione mafiosa, più spesso si parte da reati minori, cosiddetti satellite”. La proposta dei democratici prevede di stringere le maglie attorno agli atti e alle attività concernenti i vari siatemi di intercettazione, responsabilizzando gli attori di ogni singola fase procedimentale, istituendo un archivio riservato, imponendo la eliminazione di qualsiasi nota o appunto concernenti persone estranee al procedimento.

7) Infine, prendendo spunto dai fatti calabresi di questi giorni, si sollecitano l’elaborazione e l’introduzione di nuove norme capaci di colpire più efficacemente il rapporto tra mafie e sfruttamento degi immigrati, il cosiddetto caporalato.Leggi le nostre proposte.

sabato 9 gennaio 2010

Il PD si faccia promotore a Rosarno di una grande manifestazione in difesa della legalità e dei diritti dei lavoratori

Lettera aperta al Segretario del Partito Democratico
On.le Pier Luigi Bersani

Caro Pier Luigi,
i fatti di Rosarno continuano a rimbalzare da un TG all'altro, arricchendosi di nuove notizie di violenze e di gravi ferimenti. E' in atto una vera e propria guerra civile tra immigrati, sfruttati e privati di ogni dignità, e la criminalità organizzata che vorrebbe continuare a sfruttare quella manodopera a buon mercato e senza diritti.

Penso che tutto ciò vada ascritto, in buona misura, alla attuale legge sull'immigrazione, la cosiddetta Bossi-Fini che, impedendo di fatto la regolarizzazione degli stranieri anche quando essi trovino un lavoro regolare, li sospinge inevitabilmente tra le braccia dei caporali e di quanti vivono di questo orrendo commercio.

Il fatto poi che tale abominio si svolga praticamente alla luce del sole, senza che nessuno intervenga per porre fine a questa vergogna, nell'indifferenza o, peggio, nell'impotenza della pubblica amministrazione che allarga le braccia e lascia campo libero alla criminalità organizzata, è un'ulteriore aggravante di questa situazione.

L’attuale Governo non ha voluto affrontare il problema del lavoro dei migranti concedendo solo per le badanti una sanatoria che avrebbe invece come è logico dovuto essere estesa a tutti i lavoratori stranieri. Il fatto poi che sia stato introdotto il reato di clandestinità rende ancora più deboli e ricattabili questi esseri umani, ora più che mai in balia dei loro sfruttatori.

Ora mi rivolgo a te, al nostro segretario, perchè penso che il Partito Democratico abbia il dovere di rappresentare la parte migliore del nostro Paese, quella che rifiuta lo sfruttamento di esseri umani e che chiede rispetto per la loro dignità, che è poi la dignità di tutti noi.

I diritti o sono di tutti o non ci sono per nessuno: nella battaglia degli immigrati di Rosarno si rispecchiano tutte le battaglie per i diritti, la dignità e il lavoro, anche quelle di noi cittadini italiani.

Ritengo doveroso che il Partito si faccia promotore di una grande manifestazione a Rosarno, per catalizzare tutte le forze che dicono NO allo sfruttamento e chiedono con forza che sul territorio calabrese sia ristabilito il controllo e la potestà dello Stato.

Invitiamo anche i sindacati perché questa è una battaglia di lavoratori per rivendicare i loro diritti troppo a lungo negati: forse che la loro condizione di migranti clandestini ne rende lecito lo sfruttamento brutale? Guai a tollerare falle nel sistema dei diritti, perché indeboliamo i diritti di tutti, anche i nostri, anche di coloro che si sentono lontani da quella realtà.

Credo che una manifestazione a Rosarno sarebbe una grande iniziativa in grado di risvegliare le coscienze e di ridare un po' di fiducia anche alle popolazioni locali da troppo tempo costrette a convivere con la paura e l'assenza di legalità, e per questo ormai rassegnate a convivere con il fenomeno malavitoso.

Con stima e rispetto
Sonia Zarino
Presidente dell'Assemblea Regionale del Partito Democratico della Liguria

venerdì 8 gennaio 2010

Saviano: Gli immigrati difendono anche i nostri diritti

Rosarno è una realtà che nessuno vuole vedere: eppure tutti sanno che migliaia di immigrati sono sfruttati in quelle campagne, ridotti in stato di schiavitù e impiegati nelle campagne per pochi euro al giorno. E' una vergogna che deve finire, è indegno dell'Italia permettere che questo sfruttamento vada avanti. Qui c'è chi specula e ricatta gli immigrati clandestini anche grazie alle leggi razziste che impediscono ogni regolarizzazione possibile anche a chi trovi un lavoro regolare. Non resta che lo sfruttamento, brutale e spietato, mentre chi dovrebbe agire si volta dall'altra parte.
Condivido molto quanto detto da Saviano, intervistato da SKY TG24: "L'insurrezione degli africani nella città calabrese rappresenta un malessere del Paese. L'episodio delle schioppettate contro gli immigrati è un modo per misurare la propria forza, non una ragazzata. Gli immigrati vengono qui a fare lavori che gli italiani non vogliono più fare, ma vengono anche a difendere diritti che agli italiani non interessa più difendere".


Risparmio energetico, edilizia, enti locali: su questi temi due proposte del gruppo del PD approvate dal Consiglio Provinciale

Il tema del risparmio energetico, che si lega strettamente a quello della preservazione dell’ambiente e della lotta all’inquinamento atmosferico, sta conquistando uno spazio sempre più importante nell’agenda delle Amministrazioni Locali. Complice, certo, la crisi economica, che spinge per la razionalizzazione ed il contenimento dei consumi, si va diffondendo una nuova e robusta sensibilità verso politiche che portino concretamente alla riduzione della domanda di energia nei trasporti, negli usi civili, negli usi industriali.

Un ruolo fondamentale in questa lotta allo spreco e all’inquinamento è rappresentato dai Comuni, che nei loro regolamenti edilizi possono inserire norme tali da indurre cittadini e operatori del settore edile ad adottare comportamenti e tecniche costruttive atti a ridurre i consumi energetici, portando inoltre risparmi per le famiglie.

Un altro aspetto molto importante riguarda l’avvio di una politica industriale per il sostegno all’innovazione in un settore che vede protagoniste le nostre piccole e medie imprese e l’artigianato locale. Un ambito che, richiedendo competenze e un alto livello tecnologico, risente meno degli altri comparti manifatturieri della concorrenza dei Paesi in via di sviluppo e offre quindi maggiori garanzie anche sotto il profilo della tenuta occupazionale.

Sulla base di queste considerazioni, ed in occasione dell’approvazione del bilancio di previsione della Provincia di Genova, avvenuta alla fine dello scorso mese di dicembre, sono stati presentati dal gruppo del PD e approvati dal Consiglio due ordini del giorno sul tema del risparmio energetico degli edifici.

Il primo odg (Sulle azioni che la Provincia si impegna a portare avanti attraverso un opportuno stanziamento di risorse per favorire il risparmio energetico e l’utilizzo delle energie rinnovabili sul suo territorio), approvato all’unanimità dal Consiglio, impegna la Provincia di Genova ad attivarsi perché vengano inserite nelle previsioni di spesa relative al bilancio 2010 opportune risorse per la formazione di un tavolo di confronto tra Comuni, operatori del settore edilizio, esperti dell’energia, progettisti e Università avente lo scopo di redigere delle Linee Guida contenenti norme pratiche, liberamente adottabili dai Regolamenti Edilizi Comunali della Provincia di Genova, che portino ad una sensibile diminuzione dei consumi per il riscaldamento e il condizionamento degli edifici.

L’odg impegna altresì la Provincia a varare una serie di incentivi economici per quei Comuni che adottino tali norme nei loro Regolamenti Edilizi.

Il secondo odg (Corsi di formazione sulla progettazione di edifici eco-compatibili e rispondenti alle nuove direttive e normative in termini di risparmio energetico), approvato a maggioranza dal Consiglio (astenuta l’opposizione) impegna la Provincia a istituire corsi di aggiornamento professionale rivolti a progettisti e operatori dell’edilizia che forniscano gli strumenti teorici e pratici necessari per la progettazione architettonica e la pratica edile con l’obiettivo di realizzare edifici rispondenti alle normative sul risparmio energetico e l’eco-compatibilità, in accordo con le disponibilità di bilancio dell’Ente.

L’auspicio è che queste iniziative partano al più presto, consolidando la fattiva collaborazione tra Enti che più di ogni altro aspetto caratterizza il rapporto tra la Provincia e il suo territorio.
Infatti, se è vero che sono i Comuni a rispondere per primi ai bisogni dei cittadini, non si può trascurare l’importanza che i diversi livelli istituzionali siano raccordati in una azione che va a beneficio di tutte le comunità.

Calendario lavori della Provincia di Genova

LUNEDI 11.01.2010
4^ COMM.NE - ore 10.00
-Approvazione verbali;
-Approvazione del regolamento per il riparto degli interventi finanziari per la gestione degli uffici IAT in convenzione.

1^COMM.NE – ore 11.30
Designazione Componenti Vicari di Commissione.

3^COMM. NE – ore 15.00
-Approvazioni dei Verbali;
-Costituzione diritto di superficie su terreni ubicati in Vobbia ed identificati al N.C.T. Fg.13 part.685/686 per il mantenimento di fabbricato ad uso del Serv. di Viabilità;
-Comunicazione del Presidente.
Parteciperanno Ass.re Puttini ed un funzionario del Serv. Patrimonio.


MARTEDI 12 01.2010
2^COMM.NE ore 15.00
DGR n.1376 del 16.10.09 –Variante di salvaguardia della fascia costiera del PTCP. Parteciperanno Ass.re Perfigli e Arch. Piero Garibaldi.


MERCOLEDI 13.01.2010
CONSIGLIO – ore 15.00

GIOVEDI 14.01.2010
1^COMM.NE – ore 10.00

-Acquisizione da Torre Elahs.s.r.l. dell’immobile sito in Genova,Via Cialli 6D;
-modifiche art 8 e 89 Regolamento Consiglio Prov.
-Presa d’atto da parte del Consiglio del testo del Regolamento delle Comm.ni revisionato a seguito delle modifiche delibera 67 del 25.11.09

VENERDI 15.01.2010
6^COMM.NE – ore 10.00

Modalità di sospensione energia elettrica nei riguardi di utenti in evidente e comprovato stato di difficoltà economica.
Parteciperanno: Ass. re Papi, Ass. re Torti, Dott. Sarno Responsabile Enel Serv.

LUNEDI 18.01.2010
1^COMM.NE - ore 10.00

Affidamento all’automobile Club d’Italia del servizio di riscossione dell’imposta provinciale di trascrizione e delle attività di gestione correlate per gli anni 2010-2014.

GIOVEDI 21.01.2010
5^COMM.NE - ore 9.30

Approvazione verbali;
Politiche energetiche e Patto dei Sindaci.
Parteciperanno Ass.ri Briano e Sciortino.

LUNEDI 25.01.2010
3^COMM.NE – ore 15.00
Nuova localizzazione dell’Ist.Marsano presso la sede di Promo Provincia in San Colombano Certenoli.

MARTEDI 26.01.2010
2^COMM.NE – ore 15.00

Piano di Bacino Torrente Chiaravagna.
Parteciperà Ass.re Perfigli.

GIOVEDI 28.01.2010
5^COMM.NE – ore 9.30

Problematiche inerenti la diffusione dei cinghiali sul territorio provinciale. Parteciperò Ass.re Briano.

lunedì 4 gennaio 2010

I danni provocati dal maltempo in Liguria: prevenzione sempre più difficile a causa dei tagli alle risorse per la difesa del suolo

I recenti gravi eventi metereologici che hanno colpito anche la Liguria dovrebbero far riflettere sulla necessità e urgenza di intervenire per salvaguardare il patrimonio ambientale e urbanistico della nostra regione.

Mareggiate straordinarie, unite a piogge torrenziali hanno flagellato coste ed entroterra, provocando gravi danni alle strutture e frane che in alcuni casi hanno isolato strade e frazioni.
Si fanno sopralluoghi, si contano i danni, si chiede, giustamente, lo stato di calamità naturale. Ci si domanda se tutto ciò si sarebbe potuto evitare, magari con una prevenzione più adeguata.
Certo, il tema della difesa del suolo è quantomai importante in un Paese geologicamente fragile come l’Italia, e la Liguria è una regione particolarmente a rischio, data la sua natura montagnosa.
L’opposizione poi fa il suo mestiere e tira in ballo Provincia e Regione, addossando ad esse colpe e responsabilità del disastro.

Peccato che il Governo Berlusconi, sul tema difesa del suolo sia di parere diverso tanto che in Finanziaria gli stanziamenti per la difesa del suolo siano, in realta', fortemente in calo: dai 510 milioni di euro del Governo Prodi si e' passati ai 270 dello scorso anno e infine ai 120 previsti per il 2010. Praticamente nulla o quasi.

Spero quindi che chi sollecita dai banchi dell'opposizione interventi consistenti in difesa del suolo voglia unirsi a quanti chiedono da tempo al Governo di mutare questa linea di tagli alla difesa del suolo che toglie ossigeno proprio agli interventi di cui il nostro territorio ha bisogno.

Investire in sicurezza attraverso un serio programma di gestione e manutenzione del territorio rappresenta lo strumento piu' idoneo per uscire dall'emergenza garantendo anche una concreta ripresa occupazionale ed economica dei territori, ma certo senza risorse questo obiettivo non può essere colto.

sabato 2 gennaio 2010

L’urbanistica per la formazione del cittadino

Gran bell'articolo sul vero significato dell'Urbanistica

da Eddyburg

L’urbanistica per la formazione del cittadino
Data di pubblicazione: 25.11.2009
Autore: Salzano, Edoardo

Relazione al convegno “A che serve la storia? I saperi umanistici alla prova della modernità”, Università Roma La Sapienza, 24-25 novembre 2009.

Urbanistica e mercato
Il pensiero comune è abbastanza incerto su che cosa sia l’urbanistica. Le opinioni sono oscillanti. Prevalgono due interpretazioni.
  1. L’urbanistica è quel mestiere (scienza? arte?) che si preoccupa di rendere belle le città: roba da architetti.
  2. L’urbanistica è quel mestiere composto da regole, procedure, adempimenti: roba da burocrati.

Nel sapere dell’urbanistica (nei saperi dell’urbanistica) c’è l’uno e c’è l’altro, ma anche altre cose, di cui quelle sono un riflesso. Come al solito la storia aiuta a comprendere (“utilità della storia” è la ragione del nostro convegno). L’urbanistica moderna nasce, nell’ambito della società liberale e dell’economia capitalistica, per affrontare un problema che il mercato – che la spontaneità dei comportamenti individuali – non riusciva ad affrontare, ma anzi aggravava man mano che quella società e quella economia si affermavano e progredivano.

Si può dire che l’urbanistica è il primo rivelatore dell’insufficienza del mercato. Se si fosse lasciato a quest’ultimo il compito di organizzare l’insediamento dell’uomo sul territorio si sarebbero aggravati a dismisura le situazioni di confusione, disordine, malfunzionamento in molti decisivi aspetti della vita delle famiglie e delle aziende che già contrassegnavano la città. Insalubrità, disagio, caos del traffico, rischi per le persone, oscillazioni imprevedibili nei valori della rendita fondiaria.

Non a caso il primo piano regolatore fu preteso – a New York, nel 1811 – sia dai cittadini disturbati dall’improvviso sorgere di fabbriche e dall’affollarsi di carriaggi tra le abitazioni, sia dai mercanti di terreni che vedevano alterarsi i prezzi per l’inopinato insediamento di officine meccaniche o manifatture di attrezzi per il Far West nella aree lottizzate per la residenza. Il comune provvide, con un piano regolatore che determina ancor oggi la forma e il funzionamento di Manhattan.

Il compito dell’urbanistica
Compito dell’urbanistica è quello di adoperarsi perché la società possa utilizzare il proprio habitat per l’insieme delle sue esigenze che hanno un rapporto con lo spazio e con il suo uso. Abitare, lavorare, alimentarsi, muoversi, spostare, incontrarsi, apprendere, scambiare, divertirsi, curarsi, gestire i propri rifiuti sono alcune delle attività che hanno bisogno di una organizzazione dello spazio. Hanno bisogno che le cose (gli oggetti, le funzioni) necessarie per soddisfare quelle esigenze siano correttamente collocate sul territorio, abbiano tra loro le relazioni (fisiche e funzionali) necessarie per non danneggiarsi reciprocamente e per non renderne difficile l’uso. Anzi, per renderne l’uso e la percezione (la funzionalità e la bellezza) i migliori possibile. Se questo è il compito del’urbanistica, se questa è la domanda sociale che storicamente la rende necessaria, è facile comprendere che essa è un sapere (un insieme di saperi) eminentemente pratico, che ha un rapporto di particolare attenzione e legame con due realtà: il territorio, e la società.

E a me sembra che l’attuale crisi dell’urbanistica sia strettamente correlata alla crisi dell’ambiente e alla crisi della politica. E che l’attuale deriva culturale nel quale versa oggi l’urbanistica ufficiale sia una espressione della più generale deriva dei saperi e dei sapienti nella “società montante”, per usare l’espressione di Alberto Asor Rosa[1].


Il territorio
Il territorio è il campo nel quale si svolge, e al quale si riferisce, il lavoro dell’urbanistica. Il territorio come contenitore neutrale di qualsiasi oggetto, il territorio come insieme di risorse di cui ci si può appropriare per trasformarle, il territorio come paesaggio da plasmare e riplasmare secondo il capriccio dell’operatore. Oppure il territorio come insieme di risorse finite e come patrimonio (insieme di patrimoni) depositati dall’opera congiunta della natura e del lavoro e la cultura dell’uomo, come paesaggio - testimonianza anch’esso del lavorìo della natura e della storia, da custodire e mantenere e trasformare comprendendone e rispettandone le regole formative. L’opzione del tecnico è aperta tra queste due interpretazioni del territorio, sebbene si possa dire che la migliore tradizione della cultura urbanistica propende nettamente per la seconda, e i suoi esponenti condividerebbero oggi l’affermazione di Piero Bevilacqua quando ricorda che “non è il fondale inerte delle nostre attività, ma un campo di forze in movimento, talora collegate in forma di sistema”[2].

La società
La società, l’altro versante di attenzione dell’urbanistica è, per così dire, il committente del lavoro dell’urbanistica, poiché ne è il destinatario: è attraverso la mediazione dell’urbanista che la società costruisce il proprio spazio e gli conferisce la sua impronta. Non credo di aver bisogno di dimostrare questo assunto. Vorrei solo aggiungere una breve considerazione sulla politica. Poiché l’urbanistica è finalizzata a un’attività pratica, operativa, e poiché ha il compito di stabilire regole che consentano di raggiungere un risultato che è la somma di interventi di una molteplicità di operatori, il legame tra urbanistica e società è costituita dal governo, cioè dalla politica. Leonardo Benevolo arriva a dire che “l’urbanistica è parte della politica”. A mio parere il nesso è più complesso, ma comunque il legame tra i due aspetti è indubbio. La complessità di quel rapporto si comprende quando si riflette alla politica come è oggi. Oggi (ma riprenderò il tema più avanti) la politica intesa come politica dei partiti non esprime compiutamente la società. Essa infatti non esprime le posizioni che manifestano dissenso e alternativa nei confronti della dell’ideologia e della politica dominanti. E allora nasce nell’urbanista che voglia rimanere fedele alla tradizione del suo mestiere la necessità di collegarsi direttamente alla società.

La pianificazione
Vorrei occuparmi adesso dello strumento che l’urbanistica adopera per determinare azioni sul territorio conformi alle esigenze della società. Parlo di strumento indipendentemente dalla sua tecnicità, ma con riferimento alla sua logica, al metodo che ne giustifica l’invenzione e ne dirige l’impiego. Lo strumento dell’urbanistica è la pianificazione. Si parla di “pianificazione urbanistica” con riferimento alla fase nella quale l’habitat dell’uomo era ristretto sostanzialmente alla città; sarebbe forse più corretto parlare oggi di “pianificazione territoriale” oppure, con maggior precisione ma anche maggiore complessità, “pianificazione della città e del territorio”. La pianificazione di cui parlo non ha a che fare con la “pianificazione economica”, tanto meno con la piatiletka sperimentata nel Secondo mondo - nell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche e nei paesi satelliti - nel tentativo di uscire dall’economia capitalistica. Essa ha comunque sull’economia ricadute possibili, e per qualche aspetto rilevanti.

Mi riferisco in particolare alla questione della rendita fondiaria ed edilizia (rendita immobiliare), ricordando a questo proposito pochissime cose: (1) che essa è stata definita dal pensiero liberale la componente parassitaria del reddito; (2) che alla rendita non corrisponde alcun lavoro e alcuna attività imprenditiva, ma unicamente la proprietà di un bene scarso e utile; (3) che la quantità di risorse che va alla rendita viene sottratta alle altre due componenti del reddito, il salario e il profitto d’impresa; (4) che la rendita immobiliare urbana è determinata dalle decisioni e dalle opere della collettività, ma essa è percepita dal proprietario; (5) infine, che in Italia la rendita ha un pesa molto maggiore che negli altri stati europei, e ciò soprattutto a causa dell’alleanza di classe che la borghesia liberale del Nord stipulò con la classe dei proprietari terrieri, soprattutto quelli del Mezzogiorno e del Centro.

Il piano urbanistico incide sulla rendita, nel senso di accrescerla più o meno. A seconda degli strumenti offerti dalle legislazioni e delle politiche urbane il piano può inoltre essere lo strumento mediante il quale la rendita viene ridotta, oppure trasferita dal privato al pubblico. Il rapporto tra pianificazione e rendita esprime solo la più classica delle modalità mediante le quali la pianificazione può incidere sull’economia: ve ne sono numerose altre cui non abbiamo qui il tempo di fare riferimento.

Due interpretazioni
Precisato che cosa la pianificazione non è, occorre ricordare che cosa invece essa è. Partirò dalle definizioni di due persone che esprimono altri saperi: l’archeologo Antonio Cederna e l’economista Giorgio Ruffolo.

Per Cederna “La pianificazione urbanistica è un’operazione di interesse collettivo, che mira a impedire che il vantaggio dei pochi si trasformi in danno ai molti, in condizioni di vita faticosa e malsana per la comunità. Si impone quindi la pianificazione coercitiva, contro le insensate pretese dei vandali che hanno strappato da tempo l’iniziativa ai rappresentanti della collettività, che intimidiscono e corrompono le autorità, manovrano la stampa e istupidiscono l’opinione pubblica. Guerra ai vandali significa guerra contro il privilegio e lo spirito di violenza, contro lo sfruttamento dei pochi sui molti, contro tutto un malcostume sociale e politico: significa restituire dignità alla legge, prestigio allo Stato, dignità a una cultura. Nell’urbanistica, cioè nella vita delle nostre città, si misura oggi la civiltà di un Paese”[3].

Per Giorgio Ruffolo la pianificazione territoriale “E’ lo strumento principale per sottrarre l’ambiente al saccheggio prodotto dal “libero gioco” delle forze di mercato. Alla logica quantitativa della accumulazione di cose, essa oppone la logica qualitativa della loro “disposizione”, che consiste nel dare alle cose una forma ordinata (in-formarle) e armoniosa. Non si tratta, soltanto, di porre limiti e vincoli. Ma di inventare nuovi modelli spazio-temporali, che producano spazio (là dove la civiltà quantitativa della congestione lo distrugge), che producano tempo (là dove la civiltà quantitativa della congestione lo dissipa) e che producano valore aggiunto estetico”[4].

Cederna sottolinea il carattere etico e politico della pianificazione, Ruffolo quello estetico. Vorrei aggiungere una definizione mia, certamente più “tecnica” delle due che ho letto, quindi probabilmente più arida.

Una definizione
Per conto mio intendo per pianificazione territoriale ed urbanistica quel metodo, e quell’insieme di strumenti, che si ritengono capaci di garantire - in funzione di determinati obiettivi - coerenza, nello spazio e nel tempo, alle trasformazioni territoriali, ragionevole flessibilità alle scelte che tali trasformazioni determinano o condizionano, trasparenza del processo di formazione delle scelte e delle loro motivazioni. L’oggetto della pianificazione è costituito dalle trasformazioni, sia fisiche che funzionali, che sono suscettibili, singolarmente o nel loro insieme, di provocare o indurre modificazioni significative nell'assetto dell'ambito territoriale considerato, e di essere promosse, condizionate o controllate dai soggetti titolari della pianificazione.

Dove per trasformazioni fisiche si intendono quelle che comunque modifichino la struttura o la forma del territorio o di parti significative di esso, e per trasformazioni funzionali quelle che modifichino gli usi cui le singole porzioni del territorio sono adibite e le relazioni che le connettono. Naturalmente questa definizione va interpretata nel contesto delle premesse che ho posto al mio ragionamento, a proposito del territorio e a proposito della società.

É chiaro che gli effetti della pianificazione (la trasformazioni prescritte o previste) sono ben diverse a seconda che per territorio si intenda l’una o l’altra delle due ipotesi che ho formulato quella del territorio come contenitore neutro e quella del territorio come patrimonio. A questo proposito occorre dire che, per il modo in cui in Italia l’urbanistica si è formata, si è partiti dall’urbano, dalla regolamentazione dell’edificazione e dalla sua espansione, quindi partecipando alla prima delle due concezioni. Fino alla legge Galasso del 1985 (tanto per fissare un punto di riferimento) la pianificazione corrente ha largamente trascurato il “non urbanizzato”, la naturalità, l’ambiente, il paesaggio. Grandeggiano perciò le figure dei nostri maestri (come Giovanni Astengo, Luigi Piccinato, Edoardo Detti) che hanno saputo fin dagli anni 60 del secolo scorso, fare della pianificazione uno strumento per la tutela della natura e della storia, dell’ambiente e del paesaggio.

La formazione del cittadino
Riprendendo il tema del rapporto tra urbanistica e società entrerò direttamente (e finalmente!) nel tema del mio intervento: l’urbanistica per la formazione del cittadino. La ragione per cui il cittadino è (dovrebbe essere) vitalmente interessato all’urbanistica è facilmente comprensibile. É attraverso l’urbanistica che il suo habitat viene organizzato, trasformato, gestito. Solo se comprende il modo in cui queste operazioni vengono effettuate egli si pone nelle condizioni di poter concorrere alla formazione del proprio futuro (almeno, di quella parte del suo futuro che dipende dal suo habitat). Solo se comprende e conosce egli può partecipare alle scelte in cui la pianificazione urbanistica consiste. Ma il cittadino oggi non è preparato a comprendere la città e le regole della sua trasformazione, perché nulla dell’urbanistica c’è nel suo processo di formazione, quindi nel suo bagaglio culturale. Eppure la conoscenza dell’habitat dell’uomo potrebbe essere uno strumento didattico formidabile per condurre la persona (a cominciare dal bambino e dall’adolescente) a comprendere, a partire dalla sua esistenza e dalle sue esigenze di individuo, le ragioni, le necessità e le opportunità della vita sociale. Avviano un percorso di conoscenza che vorrei definire “urbanistico” quegli insegnanti delle elementari che cominciano a far descrivere, o a riconoscere su una mappa o un fotopiano, il percorso che il bambino compie dalla sua abitazione alla scuola, o al luogo dove gioca o dove incontra gli amici, e al luogo dove accompagna il genitore a comprare o a curarsi, e così via. Non credo che siano molti quelli che adoperano simili strumenti di lavoro, e ancora meno quelli che lo preseguono fino agli aspetti più ricchi e completi della vita sociale urbana.

I canali della partecipazione
Forse tentano, tardivamente, un simile percorso conoscitivo quegli adulti che si organizzano per protestare contro scelte urbanistiche sbagliate che incidono sulla loro vita e quella dei loro vicini, e quindi avviano una protesta e promuovono un conflitto per partecipare alle decisioni sul territorio. Ma dobbiamo domandarci allora – passando dal cittadino all’istituzione - quali spazi la pianificazione urbanistica offra alla partecipazione.

Nell’urbanistica italiana rivisitata dopo la Liberazione erano previsti due canali.
Il primo era quello diretto, pensato soprattutto per il cittadino direttamente interessato: è l’istituto dela “osservazione”, un documento con il quale il cittadino può esprimere la sua critica e la sua proposta di correzione al piano prima che questo sia definitivamente approvato.
Il secondo canale è rappresentato dal percorso cittadino>partito>elezione>comune (più generalmente, istituto della Repubblica).

Oggi il primo canale è considerato del tutto insufficiente a garantire una partecipazione significativa della cittadinanza alle scelte. Il secondo canale è reso difficilmente praticabile a causa di tre circostanze:
1) perché i partiti hanno perso credibilità, e quindi non sono più considerati espressione adeguata dei gruppi sociali;
2) perché all’interno dell’ordinamento delle istituzioni si sono affermati l’esautoramento degli organi collegiali, quindi pluralistici e una governance nella quale l’istituto è rappresentato solo dal suo vertice e gli altri interessi coinvolti sono quelli legati alle rendite;
3) perché la cultura dei partiti ha largamente abbandonato l’attenzione al territorio, e in prevalenza lo considera come un mero strumento per lo “sviluppo economico” (uno sviluppo economico dal quale è scomparsa la critica alla rendita e non è entrata la consapevolezza dei limiti del pianeta).

Il paradosso italiano
Che il ceto politico italiano abbia completamente trascurato le questioni della città e del territorio mi sembra un fatto assolutamente paradossale. In un mondo dominato, piaccia o non piaccia, dalla concorrenza, l’Italia ha un immenso patrimonio da mettere in gioco. Pensiamo alle sue città e ai suoi paesi, ai centri storici e ai quartieri antichi e ai borghi disseminati nelle campagne, pensiamo alla loro bellezza, alla ricchezza dei beni che conservano ed esprimono, all’eccezionale insegnamento che offrono. E pensiamo ai paesaggi, alla loro varietà e alla loro bellezza, alle testimonianze dell’incontro tra natura e storia che in ogni luogo rivelano. Nonostante le immani distruzioni che stiamo compiendo da mezzo secolo a questa parte mi sembra che ci sia ancora una ricchezza immensa, unica al mondo. Che io sappia, negli ultimi decenni un suolo uomo di governo è riuscito a comprendere che questa ricchezza doveva essere tutelata per oggi e per domani e ad agire coerentemente ed efficacemente per farlo, raggiungendo risultati significativi. Finché le espressioni della politica miope e di quella rapace non lo hanno sconfitto. Mi riferisco a Renato Soru, già presidente della Regione Sardegna.

Il canale del conflitto
Oltre l’istituto delle “osservazioni”, oltre la politica dei partiti si è aperto un nuovo canale tra i cittadini e il governo del territorio: quello del conflitto. Di un conflitto diffuso sul territorio, generato da gruppi, comitati, movimenti che spesso partono da sollecitazioni anguste (espresse dall’acronimo Nimby), ma promuovono azioni che tendono ad allargarsi, a connettersi con altri gruppi e movimenti, a passare dalla critica degli effetti alla consapevolezza delle cause. Sono centinaia e forse migliaia le iniziative che partono dalla difesa di uno spazio pubblico, o dall’opposizione a un intervento inquinante, o dalla protesta per un processo di espulsione dalle case e dai quartieri, o dallo scempio di un paesaggio amato.

Gli esempi più significativi e rilevanti mi sembrano quello della Rete toscana dei comitati per la difesa del territorio, il cui promotore e portavoce è Alberto Asor Rosa, e il movimento Stop al consumo di territorio, che è partito dalle valli dell’Astigiano e del Cuneese e si è sviluppato in molte regioni. Ma io collegherei questi movimenti a quelli che esprimono altre tensioni e altre sofferenze, che protestano per altri soprusi che minacciano beni e diritti pubblici: come l’Onda che si è sollevata nella scuola contro la privatizzazione, come il movimento contro la privatizzazione dell’acqua, e come i movimenti per i diritti del lavoro, e per quelli delle minoranze e delle maggioranze misconosciute, come le donne.

Forse è da qui che riparte la politica. Se politica non è solo quelle che si esprime con i partiti, ma è una dimensione della vita dell’uomo sociale. Una dimensione che nasce dalla percezione di un limite, di un’ingiustizia, di un torto subito o minacciato; che si sviluppa nella constatazione che quel limite, ingiustizia, torto colpisce anche altri; che si espande nella ricerca delle cause, delle connessioni con altre situazioni simili, che si interroga sui rimedi possibili. Ecco che piano piano può trasformarsi – attraverso il dibattito pubblico, il confronto, il conflitto – in partecipazione dialettica al governo della cosa pubblica: in politica nel senso più ampio e più compiuto del termine. Sottolinea come questo sia un problema (e una speranza) per oggi l’insigne costituzionalista Gustavo Zagrebelsky. In una recente occasione ha affermato che oggi “la società civile è il luogo delle energie sociali che esprimono bisogni, attese, progetti, ideali collettivi, perfino ‘visioni del mondo’, che chiedono di manifestarsi e trasformarsi in politica”. E ha proseguito ricordando le “tante organizzazioni che operano spesso ignorate e sconosciute, le une alle altre”, ed dichiarando, con l’autorità che gli viene dal ruolo che ha esercitato, che “la formula di democrazia politica che la Costituzione disegna è per loro”, è per “le associazioni che operano per la promozione della cultura politica e quelle che lavorano nei più diversi campi della vita sociale” e che“la sua difesa è nell’interesse comune”[5].

Ricostituire l’unità del campo
Ho sostenuto, all’inizio di questo intervento, che l'urbanistica è un mestiere finalizzata all’agire su una realtà complessa. La complessità del campo in cui agisce l’urbanistica impone la collaborazione con altri saperi, nei campi sia delle scienze positive che di quelle umanistiche. Perciò, oggi, contribuisce pesantemente alla crisi dell’urbanistica la segregazione dei saperi ciascuno nel proprio campo e nel proprio settore. Perciò anche il nostro mestiere patisce la “subordinazione agli imperativi della competizione economica, che emargina le culture umanistiche, esalta i saperi strumentali, che divide la scienza in discipline sempre più separate e in comunicanti”, e produce “una conoscenza sempre meno capace di cogliere quella verità che soggiace alle minacce che ci sovrastano: la complessa indivisibilità del vivente”. Occorre essere consapevoli che la segregazione dei saperi è funzionale all’ideologia dominante. Se non ci vergogniamo di adoperare parole quali quelle che sto adoperando, oggi l’intellettuale può ritrovare un proprio ruolo non servile se pone il suo sapere al servizio della contro-ideologia, là dove questa si manifesta.

Deve essere capace di indicare le alternative possibili fuori da quelle fornite dal pensiero dominante. Con un’altra consapevolezza ancora: quella che nessuno dei saperi nei quali si è articolato e suddiviso e frammentato il campo della conoscenza è di per sé sufficiente di comprendere e di indicare. Lemontey scriveva: “Noi restiamo colpiti da ammirazione al vedere tra gli antichi lo stesso personaggio essere al tempo stesso, e in grado eminente, filosofo, poeta, oratore, storico, sacerdote, amministratore, generale di esercito. I nostri spiriti si smarriscono alla vista di un campo così vasto. Ognuno ai giorni nostri pianta la sua siepe e si chiude nel suo recinto. Ignoro se con questa sorta di ritaglio il campo si ingrandisce, ma so bene che l’uomo si rimpicciolisce”[6]. Nessun sapiente potrà, da solo, eguagliare oggi quelli che, sul finire del XVIII secolo, colpivano d’ammirazione Lemontey. Possiamo aiutarci a comprendere e ad agire solo se abbattiamo i recinti tra i saperi e lavoriamo insieme.

[1]A. Asor Rosa, Il grande silenzio. Inchiesta sugli intellettuali, a cura di Simonetta Fiori, Laterza, Bari-Roma 2009
[2] P. Bevilacqua, importanza della storia del territorio in italia, Lezione al Città Territorio Festival, Ferrara, aprile 2008. In eddyburg.it, http://eddyburg.it/article/articleview/11266/0/304/
[3] A. Cederna, Brandelli d’Italia. Come distruggere il Belpaese, Newton Compton, Roma 1991, pp. 44-45
[4] G. Ruffolo, Il carro degli indios, in “Micromega”, n. 3/1986.
[5] G. Zagrebelsky, Democrazia in crisi, società civile anche. «La Repubblica», 7 novembre 2009. Anche in eddyburg.it, http://eddyburg.it/article/articleview/14143/0/351/.
[6] P.-E. Lemontey, citato in K. Marx,Miseria della filosofia, Roma 1948, p. 115

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