domenica 16 marzo 2008

Ricerca del Censis: I pendolari italiani "lavorano" un mese e mezzo in più all'anno

Il Censis, autorevolissimo istituto di ricerca, ha effettuato su mandato del Ministero dei Trasporti una ricerca sul fenomeno dei pendolari. Il risultato è stato presentato sabato 15 marzo e il quadro emergente conferma punto per punto quanto da noi andiamo dicendo da anni.

1. In primis, che la domanda di mobilità è in aumento, e lo è ormai da quasi un decennio

2. Questo aumento della domanda è dovuto al fatto che si va a vivere sempre più lontano dal centro città, dove si lavora: questo a causa del prezzo di case e di affitti, mai così alto.

3. La dispersione urbana che ne consegue “obbliga” all’uso dell’auto, che è il solo mezzo sufficientemente flessibile per soddisfare il proprio bisogno di mobilità.

4. Più della metà degli intervistati che usano l’auto (69%) vorrebbero usare i mezzi pubblici, ma l’offerta non riesce a soddisfare la domanda, in ragione della estrema dispersione dei nuclei abitati e produttivi che si riscontra soprattutto negli hinterland delle grandi città.

5. Vi è poi la dotazione infrastrutturale media di ferrovia e linee urbane, che è di più di 10 volte inferiore a quella delle grandi città europee.

6. Il costo di viaggio per chi usa l’auto è in media più del quadruplo di chi usa i mezzi pubblici.

Rimandandovi alla lettura del comunicato diffuso dal Ministero, vorrei proporvi tre richieste molto precise che potremmo rivolgere al futuro Governo:

1. Impegno per il finanziamento massiccio di mezzi pubblici che offrano alternative valide al trasporto privato, sull’esempio del resto dell’Europa, che ha da tempo sposato questo orientamento soprattutto nelle grandi aree metropolitane.

2. Impegno ad intervenire per bloccare la dispersione urbana delle grandi città (e Genova è tra queste) tramite politiche che favoriscano la “ridensificazione” degli abitati, non tanto in senso fisico, costruendo negli spazi vuoti, ma piuttosto varando politiche a favore di affitti accessibili e recuperi urbani dell’esistente. A Genova esistono moltissime case vuote in zone centrali che devono essere il più possibile rimesse sul mercato.

3. Impegno per una maggiore diffusione del telelavoro, che potrebbe evitare a moltissimi lavoratori di doversi spostare quotidianamente per svolgere dei compiti che, con le attuali tecnologie, è possibile svolgere agevolmente da casa, collaborando con i colleghi allo stesso identico modo in cui si farebbe essendo nell’ufficio accanto.

Ecco in dettaglio i risultati della ricerca:
I lavoratori pendolari italiani impiegano in media 72 minuti per gli spostamenti giornalieri di andata e ritorno, ovvero 33 giornate lavorative annue (un mese e mezzo). Se si riducessero i tempi di percorrenza da 72 minuti a 40 minuti,risparmieremmo ogni anno ben 15 giornate andate perse nella congestione del traffico e nelle attese dei treni. La qualità del lavoro aumenterebbe e gli incrementi di produttività sarebbero vistosi.Complessivamente sono più di 13 milioni i pendolari in Italia (pari al 22,2% della popolazione residente), cresciuti fra il 2001 e il 2007 del 35,8% (un incremento che corrisponde a quasi 3,5 milioni di persone in più).Gli spostamenti quotidiani fuori dal comune di residenza per motivi di studio o di lavoro hanno conosciuto una crescita straordinaria legata alla recente evoluzione socio-economica del Paese e dovuta, in particolare, almeno a tre aspetti: l’aumento degli occupati, passati dai 21,6 milioni del 2001 ad oltre 23 milioni; l’incremento degli studenti delle scuole secondarie di II grado e iscritti all’università, aumentati dai 4,2 milioni del 2001 a più di 4,5 milioni; ma soprattutto i fenomeni di “diffusione abitativa” che hanno mutato le concentrazioni urbane in molte aree del Paese. Oltre 5 milioni di acquirenti di case dal 2000 a oggi hanno segnato il più lungo e intenso boom del mercato immobiliare mai registrato in Italia. Il rincaro dei prezzi delle case ha determinato il trasferimento nell’hinterland di ampie quote di popolazione. Di giorno la popolazione delle 13 grandi città italiane (quelle con più di 250.000 abitanti) passa nell’insieme da 9 milioni 300 mila a 11 milioni 450 mila, con un incremento medio del 23%, per accogliere chi arriva da fuori per lavoro o per studio. Si tratta di 2 milioni 138 mila pendolari metropolitani.In particolare, i pendolari che ogni giorno entrano a Milano sono 592 mila (il 45,4% della popolazione residente nel comune); 291 mila a Roma (con un aumento della popolazione cittadina del 10,8%); 249 mila a Napoli (25,6%); 242 mila a Torino (26,9%).I bilanci demografici segnalano, infatti, una progressiva erosione di residenti nelle grandi città (-4,8% tra il 1991 e il 2006), un netto aumento di residenti nei comuni della prima cintura (+9,3%) e, ancor più, della seconda corona urbana (+13,8%).Il pendolarismo è, infatti, un fenomeno che si manifesta in prevalenza a livello locale, con spostamenti concentrati in gran parte su percorsi di limitata estensione territoriale. Per quasi l’80% i trasferimenti avvengono fra comuni della stessa provincia. Solo nel 4% dei casi si tratta di tragitti extraregionali. La distanza percorsa è in media di 24 km, e solo il 28% dei viaggiatori pendolari copre giornalmente tratte superiori ai 25 km. Mediamente si impiegano 43 minuti per ciascun tragitto, e solo un terzo degli spostamenti pendolari richiede più di 45 minuti. I pendolari sono soprattutto impiegati e insegnanti (43%), studenti (23%) e operai (17,5%). Nel commuting quotidiano si conferma il ruolo predominante dell’auto privata, usata dal 70,2% dei pendolari, soprattutto dai lavoratori (l’80,7% contro il 35,7% degli studenti). Il treno viene utilizzato dal 14,8% dei pendolari, cioè più di 1,9 milioni di persone, per spostarsi in ambito locale e metropolitano, come unico mezzo di trasporto o in combinazione con altri mezzi. La percentuale sale notevolmente tra gli studenti (32,7%) e scende al 9,3% tra i lavoratori. All’ultimo posto gli autobus extraurbani e le corriere, con una quota di mercato del 10,7% (28% per gli studenti, e 5,5% per i lavoratori).La spesa mensile a carico dei pendolari è in media di 45,30 euro per gli utenti degli autobus extraurbani, di 49,20 euro per chi viaggia in treno, e aumenta notevolmente per i pendolari automobilisti, che spendono 109,50 euro al mese solo per il carburante. Un pendolare che usa l’automobile, percorrendo l’autostrada (con relativo pedaggio) e parcheggiando in un’area a pagamento, può arrivare a sostenere un costo annuo di 2.265 euro, ossia circa un decimo del reddito medio annuo: una cifra pari a quattro volte la spesa sostenuta da chi usa il treno per spostarsi (in media 540 euro all’anno).
“Code e traffico congestionato” vengono segnalati come i disagi più frequenti dal 35% degli automobilisti, il 18% indica i rallentamenti dovuti ai cantieri, il 7% le difficoltà di parcheggio. Le lamentele riferite al treno, invece, si concentrano soprattutto sul fattore “tempo”: la partenza in ritardo del convoglio (32%) e l’arrivo a destinazione oltre l’orario previsto (31%). Il ritardo medio denunciato dagli utenti del servizio ferroviario che subiscono ritardi è di 16 minuti per spostamento.
I giudizi espressi dai pendolari che usano il treno promuovono l’accessibilità e la funzionalità dell’infrastruttura ferroviaria (raggiungibilità della stazione, velocità di marcia, frequenza delle corse, sicurezza dei convogli). Per altri aspetti, come la tutela da molestie e furti, le informazioni sul servizio, i tempi di attesa, la puntualità, il costo di biglietti e abbonamenti, vengono segnalati ampi margini di miglioramento. Le criticità maggiori riguardano la qualità del viaggio: l’affollamento delle carrozze, lo scarso comfort a bordo, l’inadeguata climatizzazione, la vetustà delle carrozze, la scarsa pulizia degli scompartimenti e dei servizi igienici, che ottengono tutti punteggi al di sotto della sufficienza.Un’ampia fetta di pendolari non utenti del treno (più del 69%) si dimostra permeabile a ipotesi di shifting modale a favore del servizio ferroviario, ma questi pendolari rimangono esclusi dal servizio su rotaia a causa della mancanza di una rete infrastrutturale capillare ed efficiente. Si coglie a colpo d’occhio la distanza che separa le città italiane da tutte le maggiori conurbazioni europee dal punto di vista della dotazione di linee ferroviarie suburbane: oltre 3.000 km di rete a Berlino, 1.500 km a Francoforte, 1.400 km a Parigi, a fronte dei 188 km di Roma, i 180 km di Milano, i 117 km di Torino e i 67 km di Napoli.Lo sviluppo dei servizi di trasporto collettivo non si è mostrato finora al passo con la crescita della domanda di collegamenti fluidi per arrivare a scuola, all’università, sul posto di lavoro. Nel 2007 Trenitalia ha trasportato 472 milioni di passeggeri sulle tratte locali e regionali: erano 465 milioni nel 2006, 444 milioni nel 2005, 435 milioni nel 2004, 430 milioni nel 2003, 423 milioni nel 2002, 412 milioni l’anno prima. A questi dati bisogna sommare i passeggeri che hanno viaggiato sulle altre ferrovie regionali concessionarie, anch’essi in continua crescita (circa 250 milioni all’anno). A tale impennata della domanda non ha corrisposto un proporzionale aumento dell’offerta, nonostante il rapporto tra la domanda locale/regionale e i viaggiatori su treni a media/lunga percorrenza sia di 9 a 1. Occorre tuttavia far crescere un mercato della mobilità pendolare sostenibile nella sua componente principale, il vettore ferroviario, per ridurre i costi sociali, economici e ambientali prodotti dagli spostamenti dei pendolari, investendo di più sul ferro nei nodi urbani e attraverso politiche tese allo sviluppo dell’intermodalità.

il cannocchiale

venerdì 7 marzo 2008

8 marzo, per non dimenticare, per non tradire la memoria di una tragedia

Le origini della festa dell'8 Marzo risalgono al lontano 1908, quando, pochi giorni prima di questa data, a New York, le operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire. Allo stabilimento venne appiccato il fuoco e le 129 operaie prigioniere all'interno morirono arse dalle fiamme. Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, da Rosa Luxemburg, proprio in ricordo della tragedia.
In questi giorni si leggono annunci, pubblicità di discoteche, di profumi e regali: si preannunciano spettacoli il più delle volte squallidi in "onore" delle donne, ancora una volta oggetto di sfruttamento da parte del business che ha saputo trasformare in guadagno la commemorazione di una terribile tragedia.
Come abbiamo potuto trasformare in gioiosa ricorrenza un eccidio? Questo è davvero un mistero e spero davvero che, presto, ci renderemo conto dell'assurdità di questa vera e propria rimozione collettiva, che ha potuto cancellare, o per lo meno sbiadire enormemente, e con il consenso delle donne, falsamente adulate e vezzeggiate, una pagina nera della storia.

giovedì 6 marzo 2008

Lavagna ed il nuovo Polo Scolastico del Levante, una alternativa concreta e condivisibile

La disponibilità del Comune di Lavagna ad ospitare il futuro Polo Scolastico del Levante dev’essere considerata con grande attenzione, in quanto porterebbe al territorio nel suo complesso delle ricadute importanti.
E’ noto che recentemente si è imposta la necessità di ripianificare l’offerta formativa del Tigullio per rispondere alle nuove normative che assegnano ai territori, ed in particolare alla Provincia, le competenze relative alle funzioni di organizzazione e razionalizzazione delle istituzioni scolastiche.
L’indisponibilità dell’Amministrazione chiavarese di dare seguito al progetto di realizzazione di nuove strutture scolastiche nella zona di via Ghio ha reso impercorribile il potenziamento dell’offerta formativa nella stessa cittadina, così come previsto nel Piano Provinciale attualmente in itinere.
Nell’ambito dell’analisi delle possibili soluzioni da ricercarsi per il soddisfacimento di quelle che sono le esigenze formative del Levante, l’offerta avanzata dal Comune di Lavagna appare compatibile con tutta una serie di requisiti che cercherò brevemente di elencare, senza aver la pretesa di esaurirli:

  • Lavagna, la cui posizione geografica è, rispetto al corso del fiume Entella, speculare a quella dell’attuale sede degli istituti, ossia Chiavari, possiede una piana molto pregiata dal punto di vista ambientale, attualmente in gran parte libera perché sottoposta a vincolo determinato dall’esondabilità del fiume stesso;
  • Tale vincolo è in fase di superamento, in quanto sono previsti a breve i lavori per la messa in sicurezza dell’argine;
  • Il Piano Regolatore di Lavagna prevede in tale zona un’area servizi che potrebbe corrispondere ai servizi scolastici del nuovo Polo;
  • Lavagna possiede già alcune affermate realtà nell’ambito della formazione professionale, come la scuola alberghiera e la nautica;
  • La distanza del nuovo complesso dal centro città e dalle stazioni ferroviarie appare paragonabile con quella degli attuali istituti, e non parrebbero necessarie grosse modifiche nell’offerta di mobilità, a parte un incremento delle fermate del treno presso la stazione di Lavagna ed una modesta riorganizzazione delle linee di autobus esistenti.

I benefici che il territorio potrebbe trarre dall’insediamento di un Polo per la formazione professionale di alto livello, sono notevoli:

  • l’insediamento di una infrastruttura scolastica territoriale di indubbia importanza e prestigio, avente un impatto ambientale molto basso e una facile integrabilità con l’ecosistema della Piana;
  • la possibilità di realizzare ambienti e locali adeguatamente dimensionati ad ospitare la didattica sviluppata nel complesso scolastico, ivi compresi laboratori, mense e attrezzature sportive, che potrebbero essere fruiti anche per attività extrascolastiche, e porsi come centri propulsivi di socializzazione e di aggregazione per i giovani;
  • la possibilità di sperimentare nella realizzazione di tale complesso tecniche nuove di bioarchitettura e di risparmio energetico, tali da porsi come utili esempi anche in ambito didattico e formativo, e diventare oggetto di studio per gli stessi allievi;
  • accanto ai mestieri più tradizionali ed artigianali, che vanno riscoperti e modernizzati, un impulso allo sviluppo di nuove professionalità legate più specificatamente al mondo dell’informatica e delle tecnologie innovative, che siano in grado di fornire ai giovani quel bagaglio di saperi indispensabili per garantire maggiori possibilità di sbocco sul mercato del lavoro;
  • la promozione di sinergie sul territorio con nuove imprese a basso impatto ambientale e ad alto rendimento occupazionale di tipo qualificato. Anche in questo caso, pensiamo alle aziende artigianali ma anche alle imprese attive nel settore delle nuove tecnologie.

Sviluppare in particolare un tessuto produttivo dove le aziende innovative diventano una parte importante di tale tessuto, mi parrebbe una ipotesi che si adatta alla natura del nostro territorio, che per le sue caratteristiche di pregio e di delicatezza degli ambienti naturali non può sopportare uno sviluppo incentrato su attività pesanti, che comportino un impatto insostenibile dal punto di vista ambientale.
Penso sia per questo altamente auspicabile che il Comune di Lavagna prosegua nel suo proposito di mettere a disposizione le aree necessarie, e successivamente si faccia promotore di un progetto che, definendo tempi e modalità di esecuzione, possa contribuire alle necessità del territorio con una struttura scolastica di tipo innovativo, in grado di generare professionalità e concrete opportunità occupazionali.

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