sabato 31 marzo 2012

Stop alle autostrade in ambito urbano, si ai boulevards

Genova è una città difficile, stretta come sappiamo tra i monti e il mare. Essa si sviluppa lungo alcune direttrici principali (costa, valli fluviali) sulle quali si addensano anche le vie di comunicazione (strade, ferrovie).

Genova è una città bella, con grandi potenzialità culturali e paesistiche: un centro storico di grande pregio, un rinnovato waterfront di grande attrattiva turistica, dei versanti collinari che offrono panorami sul mare e sulle valli dell’interno.

Genova è anche una città che basa buona parte della sua economia sui traffici portuali, il cui sviluppo è tra gli obiettivi sempre portati avanti dalle diverse Amministrazioni.

In un tale contesto le infrastrutture assumono una rilevanza fondamentale, e non a caso il programma dell’Amministrazione prevede importanti sviluppi della dotazione di nuove arterie viarie.

Uno dei principali nuovi assi previsti è quello della cosiddetta “strada a mare” che, concepita quale prolungamento di lungomare Canepa, ha come obiettivo di spostare lungo il tracciato della ferrovia i principali flussi di traffico “passante” nei quartieri a ovest della città tra Cornigliano e Multedo.

Progettare un asse di questo tipo, in un contesto fortemente urbanizzato, è indubbiamente un compito molto delicato e impone una attenta riflessione per non commettere quegli errori che, nel passato, hanno ahimè caratterizzato molte città italiane, tra cui Genova.

Un tipico errore è quello di pensare che, trattandosi di una strada di grande scorrimento, essa debba necessariamente assomigliare ad una autostrada: pensata cioè solo per far passare, a grande velocità, un gran numero di autoveicoli.

Si progettano allora viabilità con tre o quattro corsie per senso di marcia con i relativi svincoli e rotonde per connettersi alla viabilità secondaria. I marciapiedi sono in genere stretti e a volte adatti al transito di una sola persona per volta, l’arredo urbano è limitato all’inserimento di guard-rail di tipo autostradale, per non parlare delle dotazioni di verde che si limitano, al massimo, ad aiuole spartitraffico.

Questo è in effetti un errore molto grave, dato che una strada così concepita è assimilabile ad un corridoio di scorrimento che crea una forte cesura nel tessuto urbano. La presenza umana, del tutto naturale trattandosi di un contesto urbano, non è di fatto contemplata e non vengono pensate quelle dotazioni che rendono possibile una fruizione anche da parte di pedoni e ciclisti. Un caso emblematico, da questo punto di vista, è la viabilità recentemente realizzata sulle due sponde del Polcevera, ma anche lo stesso Corso Europa può essere assimilato a questa categoria di strade che creano cesure nel tessuto urbano.

Strade di questo genere, oltre a tutto, in ambito urbano pongono seri problemi di inquinamento acustico e atmosferico, che necessitano di interventi di controllo e di mitigazione.

L’alternativa esiste, anche a Genova: basti pensare a esempi quali corso Sardegna, o via Corsica, dove le esigenze funzionali della viabilità si coniugano con l’attenzione all’estetica dei luoghi e alla dotazione di verde di alto fusto e di arredi urbani che permettono una fruizione mista (autoveicoli, pedoni, cliclisti) tipica appunto di una strada di città.

Volendo poi trovare degli esempi più recenti, possiamo osservare i nuovi sviluppi in corso a Parigi del tema del boulevard, nato nell’Ottocento per esigenze militari e diventato una struttura qualificante della capitale francese alla quale si sono ispirati anche i viali genovesi più sopra citati.

Il tema del boulevard a Parigi non smette di evolversi per rispondere alle nuove esigenze di una mobilità che sappia integrare diversi punti di vista: quello degli autoveicoli, quello dei pedoni, quello dei ciclisti, ecc.

I nuovi progetti mettono grande attenzione al tema della sicurezza di pedoni e cliclisti, studiando percorsi e spazi adeguati. Un altro tema importante è quello di garantire la fluidità della circolazione anche adottando sistemi di infomobilità specie per i trasporti pubblici.

Lo spazio viario è concepito quale spazio condiviso tra trasporti in comune, pedoni, cicli e autoveicoli. A partire da questo presupposto, sono molti gli schemi progettuali e compositivi che si possono adottare. Una costante che caratterizza il boulevard è l’uso del verde di alto fusto come elemento di separazione e, insieme, di raccordo, tra la sede viaria e la sede ciclo-pedonale. Le alberature costituiscono altresì una barriera che filtra e abbatte i rumori e l’inquinamento del traffico, oltre a “costringere” le quinte edificate che delimitano l’asse viario ad una distanza tale da permettere il mantenimento di ampi marciapiedi che contribuiscono ulteriormente ad allontanare il pedone dal caos del traffico veicolare, offrendo un percorso percorribile in modo piacevole e sicuro.

Tali ampi marciapiedi, spesso a filo strada ma delimitati da elementi di arredo, si prestano ad essere equipaggiati da tutta una serie di elementi di servizio al pedone e al ciclista (panchine, fontanelle, rastrelliere per bici, ecc.) determinando un vero e proprio “microclima” a sé stante rispetto allo spazio concesso al traffico veicolare, e che tuttavia mantiene ove necessario dei punti di contatto visivi e funzionali (attraversamenti).

Un progetto molto interessante che è in via di completamento, sempre a Parigi, prevede la creazione di una linea di tram lungo i boulevard più esterni della cinta storica cittadina, e anche in questo caso il verde acquista una primaria importanza, diventando l’elemento caratterizzante il percorso lungo la quale si snodano i binari, posti esattamente al centro della sede stradale, e riducendo così lo spazio ai mezzi privati.

giovedì 16 febbraio 2012

L'attacco all'art. 18: un modo per sviare l'attenzione dai veri problemi

L’attacco all’art. 18 è motivato del tutto falsamente con l’affermazione che il non poter licenziare un lavoratore in mancanza di una giusta causa, sarebbe un freno all’investimento da parte degli imprenditori italiani e stranieri. Io penso che affermare ciò sia falso poiché da anni i maggiori economisti e anche molti imprenditori affermano che i veri freni allo sviluppo e all’investimento nelle attività economiche in Italia siano ben altri. Ne citiamo alcuni tra i più noti:

  1. la corruzione. Secondo una ben nota classifica, l’Italia figura tra i paesi più corrotti al mondo, piazzandosi agli ultimi posti, dove figurano anche i paesi più colpiti dalla crisi, come la Grecia. La ricerca non ha solo un valore statistico. Stilata ormai dal 1995 la classifica viene letta con grande attenzione sia dagli economisti che dai più grandi investitori.

  1. un altro fattore di grave handicap per l’economia italiana è costituito dalla crisi della liquidità e dal ritardo nei pagamenti che mettono in difficoltà le imprese e provocano ulteriori ostacoli nell’accesso al credito. Una situazione grave, tanto che l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha definito in via di deterioramento le condizioni globali del credito in Italia.
    Secondo una ricerca della CGIA di Mestre il 51,3% delle micro imprese italiane che si sono rivolte a una banca negli ultimi tre mesi ha denunciato un aumento delle difficoltà reali nell'accesso al credito. E il 37% delle micro imprese italiane ha accusato un peggioramento dei rapporti con il sistema bancario.

  1. la burocrazia è un altro fattore che ostacola gli investimenti da parte soprattutto degli imprenditori stranieri, non avvezzi ai barocchismi nostrani in fatto di procedure. Un’altra ricerca, rivolta a 500 imprenditori stranieri in Italia e realizzata dalla Fondazione Leone Moresca, indicano anche lo snellimento della burocrazia tra gli interventi prioritari da eseguirsi in Italia.

  1. l’eccessivo carico fiscale sulle attività economiche imprenditoriali

  1. la quota impressionante di economia sommersa che fa concorrenza sleale agli imprenditori onesti

  1. il deficit infrastrutturale del sistema paese: miliardi buttati per opere straordinarie ed inutili mentre non si riesce ad impostare una politica di lungo periodo che individui gli assi strategici dello sviluppo.

E poi ci vengono a dire che il problema sta in quell’articolo 18 che è una tutela a garanzia della dignità del lavoro? No, questa è solo una mistificazione, da respingere con forza al mittente. Chi deve agire seriamente, lo faccia intervenendo sui veri fattori che impediscono la competitività dell’Italia rispetto agli altri Paesi, e non agiti, per favore, degli argomenti pretestuosi che servono solo a sviare l’attenzione del vero problema. Da un Governo tecnico e di alto profilo, non sarebbe questa la risposta che tutti ci attendiamo.

domenica 21 agosto 2011

Chi strumentalizza la violenza su una donna fa violenza a sua volta sulla vittima

Il gravissimo episodio che si è verificato a Lavagna, ai danni di una donna che è stata aggredita e violentata da un uomo, un giovane ghanese, ha riacceso i riflettori su una problematica troppo spesso trascurata. Un dato già noto da tempo, sia pure poco diffuso dai mezzi d’informazione, è quello secondo cui la violenza subita è la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne fra i 16 e 44 anni, ancora prima del cancro e degli incidenti stradali (fonte: Consiglio d’Europa).

E' molto triste a dirsi, ma gli episodi di violenza sulle donne fanno notizia solo in certe occasioni, mentre nella stragrande maggioranza dei casi restano del tutto sconosciuti e, quel che è peggio, del tutto impuniti.

Nel caso di Lavagna poi, il tentativo di strumentalizzazione dell’episodio in chiave chiaramente razzista e xenofoba fatta da alcuni esponenti di movimenti politici è semplicemente vergognoso poiché si tende a far ricadere un crimine odioso, compiuto eventualmente da un individuo (che, se riconosciuto colpevole, dovrà essere punito secondo la legge) su un insieme di persone, gli immigrati, i profughi dell’Africa giunti nei mesi scorsi a seguito dei disordini e delle guerre che da diversi mesi sconvolgono il nord del continente.

Non mi risulta che analoghe iniziative in difesa delle donne contro, ad esempio, la violenza domestica, siano state portate avanti da quei movimenti. Pure è proprio questa la forma più frequente di violenza che le donne subiscono.

Penso che sarebbe molto più appropriato e rispettoso della vittima, alla quale va tutta la mia solidarietà di donna e di persona, oltre che il mio fraterno abbraccio, manifestare un impegno concreto perché tutti i reati di violenza contro le donne, da chiunque commessi, italiani o stranieri, siano perseguiti già nelle fasi iniziali, senza se e senza ma.

Sarebbe molto più utile, a mio avviso, impegnarsi nella difesa e nel potenziamento dei Centri Antiviolenza che, attivi in tutta Italia, accolgono ogni anno circa 14mila donne in cerca d'aiuto, ma uno dopo l’altro stanno chiudendo nel silenzio assoluto dei media. Colpa dei tagli al sociale e della scomparsa di un finanziamento già previsto, quei 18 milioni di euro del "Piano nazionale contro la violenza di genere" che però non sono mai usciti dalle casse dello Stato.

Utilizzare il dolore di una persona tanto profondamente ferita per aumentare le proprie quotazioni elettorali è una azione che somma violenza alla violenza già inferta alla vittima: in entrambi i casi il soggetto diventa oggetto, strumento per sfogare un istinto bestiale nel primo caso, e per aumentare il consenso nel secondo caso. Spenti i riflettori mediatici ed incassata la relativa visibilità, tutto può tornare come prima, in attesa delle prossime elezioni.

mercoledì 13 luglio 2011

Messa in sicurezza dell'Entella: non una diga, ma un progetto condivisibile e rispettoso dell'ambiente

Si è conclusa oggi in Consiglio Provinciale la pratica inerente la mozione che verteva sul progetto predisposto dalla Provincia di messa in sicurezza dell'Entella.

Dopo un’ampia discussione consiliare protrattasi per due sedute quasi intere (quella del 29 giugno e quella di oggi) il consiglio provinciale ha bocciato la mozione del centrodestra, con primo firmatario Mario Maggi, che chiedeva sostanzialmente uno stop al progetto della ‘diga’ alla foce dell’Entella, maxi-opera di mitigazione del rischio piene da 9,1 milioni di euro, già interamente finanziata dalla Regione e dal Governo, che la Provincia ha progettato e che intende realizzare in tempi rapidi.Le motivazioni con cui la maggioranza, con 22 voti contrari a cui si sono opposti 9 voti favorevoli dell’opposizione, ha respinto la mozione, manifestando piena sintonia con le posizioni dell’assessore competente Paolo Perfigli, sono l’inderogabile necessità di realizzare un’opera strutturale che scongiuri il rischio di piene cinquantennali, e che non può essere sostituita da interventi come la pulizia dell’alveo a monte, come chiedeva la mozione di Maggi, e il rischio di perdere il finanziamento. “Anzi – ha sottolineato Perfigli nel suo intervento – se facciamo quest’opera, che è solo una parte del piano di bacino complessivo, e infatti non a caso viene denominata ‘primo stralcio primo lotto’, ci mostriamo credibili per poter ottenere un domani dagli enti superiori altri finanziamenti per realizzare altre parti del piano di bacino. Se invece non la realizziamo, oltre a perdere i 9 milioni, ci troveremmo probabilmente senza alcuna risorsa per fare le opere alternative desiderate dall’opposizione”.

In aggiunta a quanto detto dall'Assessore, vorrei solo sottolineare come l'opera ha la capacità di inserirsi nell'ambiente circostante in modo rispettoso del valore panoramico della zona, essendo costituita da un argine di terra (l'attuale "seggiun" rialzato di 1,5 m circa) rivestito di verde, da una porzione di muro alto circa 4 m, (nel tratto in corrispondenza di via Garibaldi) pure rivestito di verde e dai giardini attualmente esistenti nel tratto terminale del fiume, che verrebbero rialzati di circa un metro rispetto alle quote attuali, rispettando le essenze arboree esistenti. Non si può quindi in alcun modo parlare di "diga" e chi lo fa sbaglia radicalmente l'interpretazione del progetto.

La Provincia è aperta tuttavia a proposte ancora migliorative che però siano supportate da solide analisi tecniche basate sui dati geologici e idraulici che hanno guidato, insieme alla normativa di settore, lo sviluppo del progetto stesso.

Le opere in progetto non esauriscono tutte le problematicità del territorio, esse rappresentano un primo, indispensabile passo per porre i presupposti affinchè nuovi finanziamenti possano venire richiesti allo scopo di proseguire nell'opera di realizzazione di tutti gli interventi previsti dal Piano di Bacino lungo tutto il corso del fiume, e che assommano a molte decine di milioni. Sarebbe importante a tal proposito che tutto il Consiglio, opposizione compresa, si facesse promotore presso il Governo di una azione per l'ottenimento dei fondi necessari, dato che i fondi per la difesa del suolo sono stati in questi ultimi anni molto ridotti e tale carenza impedisce di procedere più speditamente con la progettazione e la realizzazione delle opere di messa in sicurezza complessiva.

Penso che occorra offrire ai cittadini lavagnesi una corretta informazione sulla realtà di questo progetto, spiegando che il rischio verrà comunque mitigato e si raggiungerà l'obiettivo di eliminare quello cinquantennale, che è poi quello con il tempo di ritorno più frequente.

Personalmente poi io credo che il fiume Entella, che costituisce un patrimonio ambientale e naturalistico di grande valore, avrebbe tutte le carte in regola per diventare un parco fluviale, e diventare così un importante tassello dell'offerta turistica e culturale del nostro territorio, ponendosi come una sorta di "ponte" tra costa ed entroterra e costituire un importante volano dell'economia cittadina. Il progetto di messa in sicurezza del fiume sarebbe a tal riguardo perfettamente compatibile perchè preserva le zone umide e le zone verdi e orticole che attualmente caratterizzano le rive fluviali.

Concludo dicendo che non è soffiando sul fuoco delle pur legittime istanze e alimentando i timori di alcuni cittadini lavagnesi che si fa l'interesse della città e del territorio circostante. La Provincia tuttavia, nelle parole dell'Assessore Perfigli, non intende procedere imponendo un'opera che il territorio mostrasse di non condividere. E' giusto chiedersi come migliorare il progetto e come estenderlo nel futuro al resto del fiume, ma bloccare un'opera che migliora la sicurezza dei cittadini è una responsabilità che non il Partito Democratico, ma altri si assumeranno, e ne renderanno conto a quanti dovranno continuare a fronteggiare una situazione di rischio idraulico elevatissima, estesa a una vasta parte del territorio della Piana dell'Entella.

mercoledì 6 luglio 2011

Augustin, Mohammed, Cheik, Ines…anche voi siate ricordati nel Giardino dei Giusti


Martedì, 12 Luglio, a Genova verrà inaugurato il Giardino dei Giusti. Penso che anche i nomi di questi che non esito a definire eroi dovrebbero trovarvi posto, a perenne ricordo di chi, senza esitazione ha dato la vita per salvare quella di altre persone, ricevendo in cambio, spesso, l’oblio.

Oggi, in occasione del Consiglio Provinciale, avrei voluto fare un intervento sulla Settimana dei Diritti che si aprirà domani, 7 luglio, a Genova.


Non è stato possibile, complice un regolamento che impone un tempo massimo per la trattazione delle cosiddette “Espressioni di Opinione” e ho pensato allora di farla comunque, mandando questa lettera, perché mi sembrava importante non lasciare cadere questo argomento.


La Settimana dei Diritti è una manifestazione molto importante e molto bella.
Quest’anno la manifestazione si intitola “I Giusti” intendendo con tale termine coloro che agiscono in modo eroico mettendo a rischio la propria vita per salvare quella di altre persone. “I Giusti intesi come coloro che non si voltano dall’altra parte; che sanno scegliere nei momenti decisivi da che parte stare. I Giusti come coloro che sono disposti a pagare un prezzo per difendere i diritti altrui.”


Scorrendo il programma, molte e tutte importanti sono le testimonianze dei tanti che, in Italia e in tutto il mondo hanno lottato e lottano contro le ingiustizie, le oppressioni, le violenze.
A questo elenco, che vi invito a leggere prima di partecipare agli eventi che esso annuncia, vorrei idealmente aggiungere anche alcuni nomi, nomi di persone poco note, persone che non si sono voltate dall’altra parte e che per questo definirei dei Giusti.


Sono nomi di immigrati le cui vicende hanno trovato una flebile eco sui giornali, e che mi hanno colpito per l’immensa generosità che ha permesso di salvare delle vite, di persone sconosciute per di più, sacrificando la loro.


Le persone di cui sono venuta a conoscenza, grazie ad un articolo di giornale, sono in particolare:


Augustin Affi. Originario della Costa d’Avorio, 21 anni, mercoledì era sulla spiaggia di Lido di Classe, a Ravenna, quando due bambini di 8 e 11 anni rischiavano di scomparire tra i flutti. Augustin si gettò in mare, li trasse in salvo sugli scogli, ma poi rimase incastrato in una buca e morì. Il Gruppo umanitario Everyone ha chiesto per lui al presidente Napolitano la medaglia d’oro al valor civile.


Il 18 giugno del 2003 Mohammed Abidid, 45 anni, si tuffò nel tratto di mare davanti ad Agrigento per riportare a riva una mamma con il suo figlio di cinque anni. A missione compiuta si abbandonò sulla spiaggia stremato. Ma c’era un altro bimbo di cinque anni che scivolava dagli scogli, e il padre, che non sapeva nuotare, urlava disperato. Mohammed si rituffò ma stavolta non ce la fece. Il suo corpo e quello del bambino vennero riportati a riva cadaveri pochi minuti dopo. Nessun ministro, nessun uomo politico presenziò al suo funerale. Mohammed riposa dimenticato.


Alla vigilia di ferragosto del 2004, a Castagneto Carducci, in provincia di Livorno, c’era un muratore senegalese di 27 anni, Cheik Sarr. C’era qualcuno, al largo, che gridava aiuto. Cheik si buttò, lo riportò in salvo, ma anche lui non resistette allo sforzo e morì. L’uomo, un italiano, una volta portato a riva se la diede a gambe.


Due anni dopo, all’Argentario, la baby-sitter honduregna Ines Palacios Cruz salvò la bimba che le era stata affidata che faceva il bagno nonostante il mare molto mosso. Alla fine venne travolta da un’ondata poderosa e annegò. Era una clandestina, Ines, e stavolta arrivò, alla memoria, la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica.


Martedì, 12 Luglio, a Genova verrà inaugurato il Giardino dei Giusti. Penso che anche i nomi di questi che non esito a definire eroi dovrebbero trovarvi posto, a perenne ricordo di chi, senza esitazione ha dato la vita per salvare quella di altre persone, ricevendo in cambio, spesso, l’oblio.

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