sabato 26 aprile 2008

Il dopo-elezioni, capire per ripartire


Il risultato, nettamente sfavorevole per la compagine di centro-sinistra, non dev’essere unicamente una occasione per recriminare su eventuali errori commessi, ma dev’essere soprattutto l’occasione per capire i motivi e le dinamiche che hanno portato gli elettori a scegliere la coalizione avversaria, decretandone la vittoria.

Avendo partecipato a diverse riunioni (l’ultima, ieri sera, 22 aprile, presso il Coordinamento territoriale del Tigullio) all’interno del PD dove si analizzavano i vari aspetti della questione, ho avuto modo di trarre un quadro articolato che contiene molti elementi di riflessione, che vi trasmetto così come io me lo sono raffigurato, e che vorrei condividere anche con chi non era presente, non necessariamente per cercare conferme, quanto piuttosto per innescare ulteriori riflessioni.

Tutte le analisi concordavano su alcuni punti:

1. Il baricentro del Paese si è spostato a destra
2. Vi è in atto un fenomeno di polarizzazione in due grandi partiti (anche se sono da analizzare più in profondità i flussi in entrata ed in uscita, e sono soprattutto da monitorare le permanenze all’interno dei rispettivi “poli”, ossia l’effetto del “voto utile” e la sua effettiva tenuta nel tempo)
3. Nettezza del risultato, sia numerica, sia politica


Il risultato del PD appare tutto sommato positivo, era la prima volta che si presentava ad una prova elettorale così impegnativa, e per di più essendo ancora nella sua fase costituente. L’aver ottenuto un terzo dei voti in tutto il Paese ne conferma la vocazione di grande partito riformista.

Il successo del Centro-Destra è avvenuto soprattutto grazie all’apporto decisivo della Lega, che ha ovunque moltiplicato i propri consensi, a scapito a volte dei partiti di sinistra. La Lega, si è scoperto, è stata votata anche da molti operai, soprattutto nelle aree del Piemonte, Lombardia, Veneto, ma anche la Liguria non si è rivelata immune dal fenomeno.

Anche la lista Di Pietro, collegata al PD, ha ricevuto un buon consenso, raddoppiando a sua volta i suoi elettori.

Queste due liste, pur presenti negli opposti schieramenti, presentano analogie che ne spiegano, a mio avviso, il successo riportato presso l’opinione pubblica.

· Il linguaggio, diffidente verso il “politichese”
· L’accento posto sulla legalità (pur se con connotazioni molto diverse)
· Il saper cavalcare il sentimento di antipolitica dilagante
· La critica della “casta”
· Una certa tendenza ad assumere posizioni nette
· L’insofferenza ostentata verso i compromessi e le mediazioni

Sorprendente infine è stato il tracollo della lista Arcobaleno, penalizzata in parte dal prevalere del progetto portato avanti dal PD, ma anche da un voto di protesta in favore della Lega e da un elevato astensionismo che ha colpito, secondo le rilevazioni, soprattutto i votanti di sinistra.


Le cause della sconfitta
Sono state individuate essenzialmente in due tipi:
a. Contingenti/politiche/elettorali
b. Profonde/di lungo periodo/di natura socio-economica

a) Tra quelle contingenti, vi è senz’altro la delusione dovuta all’andamento del Governo Prodi, che non ha sin da subito affrontato le tematiche ritenute più urgenti dai cittadini: precariato, leggi ad personam, conflitto di interessi, crisi economica ed energetica. L’aver dato l’esclusiva priorità alle esigenze di correggere il disavanzo, che pur essendo opera altamente meritoria nel lungo periodo, non ha pagato nel breve, a causa della fine prematura dell’esperienza governativa.

Un altro importante fattore di delusione circa l’operato del Governo Prodi è stata la sua debolezza politica, l’incertezza in cui sin dal primo momento si è venuta a trovare l’azione di Governo. Prodi ha tentato con coraggio di portare avanti il progetto iniziale, ma si è presto trovato sotto il fuoco incrociato delle ali estreme del suo schieramento, arrivando di fatto ad una paralisi del Governo stesso.

Questa incapacità o impossibilità di decidere ha molto infastidito i cittadini, così come l’aver impostato le prime azioni di governo su temi non giudicati prioritari: l’indulto, i Dico, ecc.

Nel complesso, si è avuto l’impressione di essere in presenza di una democrazia “acefala”, di un autobus senza guidatore. Questo soprattutto quando alcuni esponenti del Governo manifestavano o criticavano aspramente altri esponenti dello stesso Governo (si pensi al protocollo sul Welfare, o al caso della base di Vicenza).

La campagna elettorale è stata ben condotta e la coraggiosa scelta di Veltroni ha contributo in modo determinante alla rimonta da meno 20 e passa punti percentuali rispetto a FI con cui il PD si è presentato, all’inizio, alla sfida del voto.

Abbiamo costretto gli avversari ad inseguirci sul piano della comunicazione e delle scelte politiche, e a batterci è stata soprattutto l’exploit della Lega, che si è rivelata (così come, ma in misura minore, la Lista Di Pietro) la cassa di risonanza della protesta e del malcontento accumulati.

b) Tra le cause più profonde e di lungo periodo, vi è la crisi economica italiana, una crisi che appare drammatica, profonda. L’Italia non cresce soprattutto quanto a produttività. Il sistema Paese appare depresso e poco efficiente. Questo, se possibile, è più grave ancora della bassa crescita del PIL, poiché significa che il Paese rischia di girare a vuoto. Vi è un impiego carente della forza lavoro, che non riesce strutturalmente a dare il valore aggiunto necessario a far rimanere il sistema Italia nel gruppo di testa dei Paesi europei. Non a caso, tutti gli indicatori economici e sociali ci relegano nei posti più bassi della graduatoria europea.

Tra le cause di questa situazione indubbiamente vi è il peso enorme del debito pubblico, che essendo di ben 70 miliardi di euro pone una seria ipoteca a qualsiasi politica di sviluppo.
Una sfida molto difficile sarà quella di conciliare risanamento e sviluppo economico, questa è certo una prova sulla quale si giocherà la credibilità del prossimo Governo.

Un altro fattore importante, specie per capire la migrazione dei voti verso la Lega, è la percezione sempre più diffusa nella società della fragilità dell’Italia nel sistema internazionale. Siamo una società che guarda con timore al futuro, con la sensazione di stare per perdere tutto quel che si è ottenuto con fatica e sacrifici, quel benessere che per i nostri genitori era un traguardo possibile, oggi per i giovani è un miraggio da ottenere a qualunque costo.

Si accentua la sensazione di essere in competizione con i paesi emergenti sia a causa del fenomeno dell’immigrazione, sia a causa dei prodotti a basso costo importati soprattutto dai paesi asiatici. Si pensi al grande successo ottenuto dal libro di Giulio Tremonti, “La paura e la speranza”, che recita “È finita in Europa l'«età dell'oro». È finita la fiaba del progresso continuo e gratuito. La fiaba della globalizzazione, la «cornucopia» del XXI secolo. Una fiaba che pure ci era stata così ben raccontata. Il tempo che sta arrivando è un tempo di ferro.”
Come guardare con fiducia al di fuori del nostro piccolo “particolare”? L’istinto di conservazione fa sollevare i ponti levatoi, anche se le ricette proposte nel libro sono inefficaci e le risposte sono sbagliate, anche a detta dei maggiori economisti.

Prevale la paura, l’incertezza, per se e per la propria famiglia: come pagare il mutuo sempre più alto, come difendersi dalla voracità delle multinazionali (altro bersaglio di Tremonti). Ad un tratto appare naturale aggrapparsi alla propria realtà, al proprio territorio: in un mondo sempre più smisuratamente grande, sconosciuto ed ostile, il richiamo della propria terra madre sembra essere l’unico capace di parlarci con un linguaggio amico e non minaccioso.

Diventano pressanti le richieste di sicurezza e di protezione. Per noi quelle date da Lega e PDL sono quelle sbagliate, ma il linguaggio utilizzato è arrivato forte e chiaro proprio per la sua studiata semplicità, starei per dire per la sua rozzezza, lontana dagli schematismi e tatticismi tipici del politichese.

Occorre adesso dare le nostre risposte sul futuro del lavoro e dell’economia, e occorre anche dare una risposta circa lo smarrimento identitario che caratterizza soprattutto le società disgregate tipiche delle grandi città.


Quali risposte?
Occorre dare risposte diverse rispetto a quelle autoritarie date dalla destra, risposte che sappiano riaprire una prospettiva di speranza su quei temi che oggi preoccupano tanto i giovani quanto gli anziani: la sicurezza non disgiunta dalla solidarietà, il lavoro non disgiunto dalla produttività, la lotta al precariato non disgiunta da una equa flessibilità. Occorre garantire un fisco più leggero, anche grazie ad una seria ed efficace lotta all’evasione; una burocrazia molto più snella ed efficiente, che sappia aiutare i cittadini e le imprese, più che intralciarne ed impastoiarne l’iniziativa (“aprire una impresa in un giorno”); occorre stabilire regole del gioco certe, chiare, semplici, e farle rispettare da tutti.

Occorre anche un impegno forte per smantellare l’aspetto corporativo della società che ancora è ingessata in una serie di caste che limitano il ricambio generazionale e le iniziative innovative.

Occorre infine, ed è fondamentale, ascoltare con spirito vigile le istanze che provengono dal territorio, organizzare iniziative aperte, capire le ragioni profonde del disagio ed elaborare delle risposte, specifiche per ogni territorio, che sappiano finalmente parlare la lingua del popolo, interpretare le sue ansie e dare delle linee di azione in grado di offrire soluzioni concrete e alternative alla proposta della destra.

Penso che da qui possa ripartire la rimonta di quel gap di consensi e di fiducia che è necessario colmare per giungere preparati alle prossime sfide elettorali: le Europee saranno in tal senso un banco di prova proprio per perché la destra con ogni probabilità non esiterà a riesumare il suo antieuropeismo. Le forze progressiste quali il PD devono perciò traguardare quella prova e dimostrare come solo un’Italia inserita a pieno titolo nel progetto europeo potrà sperare in una ripresa economica in grado di reggere le sfide dell’internazionalizzazione, infondendo quella fiducia nel futuro che oggi sembra essere perduta, specialmente nelle nuove generazioni.

Dobbiamo, ora più che mai, crederci: si può fare!

Ieri, 25 Aprile: per non dimenticare, per difendere i valori della Resistenza

Lo avrai camerata Kesserling (di Piero Calamandrei)

Il feldmaresciallo Kesserling, comandante in capo delle forze naziste in Italia, disse che gli italiani avrebbero dovuto fargli un monumento. La Resistenza, con la penna di Piero Calamandrei, padre della Costituzione italiana (di cui ricorre il sessantesimo della promulgazione), gli rispose scrivendo un componimento poetico.

Contro revisionismi vecchi e nuovi, contro chi vuole riscrivere la storia: per non dimenticare, ora e sempre. Viva la Resistenza, Viva il 25 Aprile!


Lo avrai camerata Kesserling
Il monumento che pretendi da noi italiani
Ma con che pietra si costruirà
A deciderlo tocca a noi

Non coi sassi affumicati
Dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
Non colla terra dei cimiteri
Dove i nostri compagni giovinetti
Riposano in serenità
Non colla neve inviolata delle montagne
Che per due inverni ti sfidarono
Non colla primavera di queste valli
Che ti videro fuggire

Ma soltanto col silenzio dei torturati
Più duro d’ogni macigno
Soltanto con la roccia di questo patto
Giurato tra uomini liberi
Che volontari si adunarono
Per dignità non per odio
Decisi a riscattare
La vergogna ed il terrore del mondo

Su queste strade se vorrai tornare
Ai nostri posti ci ritroverai
Morti e vivi collo stesso impegno
Popolo serrato attorno al monumento
Che si chiama ora e sempre
RESISTENZA

martedì 15 aprile 2008

Lavagna, testa a testa tra PD e PDL nelle elezioni 2008

Dopo lo spoglio dei voti, sono soltanto 350 i voti che separano il PD dal PDL: 2863 contro 3179.
Il PD si conferma quindi come un partito capace di raggruppare le forze progressiste e riformiste del Paese, e se la tornata elettorale non gli ha consegnato la guida del Paese, molto dipende dal grande successo della Lega e dal contemporaneo astensionismo, che è stato appannaggio soprattutto dei delusi del centro-sinistra.
A Lavagna la coalizione PDL+Lega ha totalizzato il 47,81% dei consensi, mentre quella PD+Lista Di Pietro si è fermata al 40,51%, con una differenza di 580 voti.
Tentando una prima analisi, potremmo dire che il risultato favorevole alla destra vede premiata una visione del Paese ripiegata su se stessa. Questa visione conservatrice, che da destra enfatizza i pericoli insiti nei grandi cambiamenti socio-economici a livello globale, tende a dare risposte di retroguardia, cavalcando populisticamente i timori che serpeggiano nella società e che fanno temere un drastico abbassamento del tenore di vita fin qui condotto.
I moderati appartenenti al ceto medio-basso sono senz'altro i soggetti più sensibili, perchè più vulnerabili, su temi quali la globalizzazione, l'immigrazione, l'aumento dei prezzi, la pressione fiscale.
Se la Cina si fa minacciosa sui mercati, ecco che Tremonti ripropone i dazi, che tutti i più autorevoli economisti bollano come inutili se non dannosi, ma che per i piccoli imprenditori sono una misura semplice da capire e fortemente desiderata.
In generale, vince una visione egoistica del proprio futuro, ed è egoistica perchè pessimistica, perchè pensa che le cose andranno peggio, e che allora occorre approntare le difese per resistere alla tempesta che verrà. E' una psicologia da città sotto assedio, creata e coltivata durante il precedente governo berlusconi e poi nei due anni di opposizione. Non è certo con questo spirito di retroguardia che potremo andare incontro ai cambiamenti che caratterizzeranno il mondo nei prossimi anni, perchè la Storia insegna che chi resiste alla sua corrente, non sapendovi navigare con mano ferma e sguardo aperto, inesorabilmente finirà per scomparire tra i flutti.

venerdì 4 aprile 2008

Gli Italiani vanno a votare ma senza essere informati

01 apr. - I risultati del sondaggio condotto prima di Pasqua sono sconvolgenti e rappresentano l'effetto di una campagna elettorale che di fatto sta negando la possibilità ai cittadini di formarsi una propria opinione. Addirittura le risposte ci indicano drammaticamente che nemmeno il nome del principale partito candidato alla vittoria, il Popolo della Libertà, è individuato correttamente, rispetto invece al Partito Democratico che è maggiormente conosciuto perchè il percorso seguito è stato più lungo, passando attraverso le primarie, mentre il partito di Berlusconi è nato dopo il "predellino".
Ancora più clamorosi sono i dati che rappresentano una buona parte dell'opinione pubblica si apetta di trovare Storace in AN e le liste di Alleanza Nazionale, per non parlare del fatto che sono in pochi quelli che sanno che Boselli non sta con il PD.
I dati: la notorietà dei candidati Premier Berlusconi e Veltroni sono conosciuto dal 100% dei cittadini, mentre Bertinotti e Casini dal 95%, i dati poi scendono drasticamente Santanchè 60%, Boselli 50%, Flavia D’Angeli 15%, Marco Ferrando 20%, Bruno De Vita 18% e Roberto Fiore 13%.
Il 64,8% pensa ancora che Storace sia in AN, mentre solo il 60% sa che Fini è nel PDL, Veltroni se la cava meglio il 74,7% sa che è Partito Democratico, Bertinotti è per il 39,4% ancora candidato di Rifondazione, mentre il 28,3% non sa esattamente quali partiti abbiano aderito alla Sinistra Arcobaleno.
Per finire il 25,3% pensa che il Partito Socialista sia nello schieramento di Veltroni.

Altri tre mesi di ossigeno per i treni dei pendolari: e dopo? Quando finirà il precariato del trasporto pubblico ferroviario?

Ferrovie: lo Stato stanzia 80 milioni di euro e dà ossigeno per altri tre mesi ai treni dei pendolari, però mancano sempre 400 milioni di euro per garantire gli attuali livelli di servizio nel trasporto pubblico e Trenitalia si appresta a tagliare come minimo il 15% del servizio.

Precari i lavoratori, precario il trasporto pubblico: questa la fotografia dell’Italia che se da un lato viene scelta per l’Expo universale, dall’altra fatica a garantire servizi decenti per i suoi cittadini.

Intanto le vendite dell’auto crollano del 20% in marzo, come avevamo previsto dati i crescenti costi di gestione: benzina, assicurazioni, revisioni, parcheggi, sono ormai alle stelle e assorbono una quota elevata del reddito pro-capite. Neppure gli incentivi, concessi per la rottamazione, riescono a frenare questo crollo e rivelano tutta la loro inefficacia sul piano strategico, che non tiene conto delle dinamiche strutturali e congiunturali di lungo periodo.

Trenitalia non ha ricevuto per il 2008 i necessari finanziamenti per i treni del trasporto universale.
Fino a maggio-giugno l'attuale offerta di treni sarà mantenuta quasi invariata (ma dal 7 aprile già alcuni IC sono annunciati come soppressi), poi saranno tagliati altri treni di lunga percorrenza così come il 15% dei treni regionali.

Le agevolazioni tariffarie, invece, [se non interverranno finanziamenti in extremis] cesseranno a partire dal 30 aprile.

In particolare, cesseranno le tessere ICpass per utilizzare IC e ICplus entro i confini regionali [attualmente in uso in Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Liguria].

Fino ad oggi nessuno ha detto se e come queste risorse verranno trovate e stanziate prima che Trenitalia inizi a effettuare tagli al servizio, che già adesso appare carente rispetto alla domanda, aumentata negli ultimi anni in modo esponenziale.

Intanto il tempo passa e dopo le elezioni, se il Governo non avrà stanziato i soldi, Trenitalia metterà in atto con ogni probabilità il piano dei tagli e migliaia di pendolari si ritroveranno ad aver pagato abbonamenti per treni che forse non esisteranno più, e a dover cambiare le proprie abitudini di vita a causa del ridimensionamento del servizio.

I Pendolari di tutta Italia dicono basta, chiedono che il trasporto pubblico sia inserito tra le priorità assolute dell’agenda del nuovo Governo e che, come minimo, vengano subito destinate al trasporto ferroviario le necessarie risorse per scongiurarne il ridimensionamento.

Chi davvero crede nel trasporto ferroviario lo dimostri nei fatti, finanziandolo in modo adeguato e strutturale: occorrono nuovi treni regionali, il ripristino e il ripotenziamento delle linee depauperate di binari e di stazioni, una nuova politica tariffaria in grado di integrare tutti i mezzi di trasporto pubblico.

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