domenica 21 agosto 2011

Chi strumentalizza la violenza su una donna fa violenza a sua volta sulla vittima

Il gravissimo episodio che si è verificato a Lavagna, ai danni di una donna che è stata aggredita e violentata da un uomo, un giovane ghanese, ha riacceso i riflettori su una problematica troppo spesso trascurata. Un dato già noto da tempo, sia pure poco diffuso dai mezzi d’informazione, è quello secondo cui la violenza subita è la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne fra i 16 e 44 anni, ancora prima del cancro e degli incidenti stradali (fonte: Consiglio d’Europa).

E' molto triste a dirsi, ma gli episodi di violenza sulle donne fanno notizia solo in certe occasioni, mentre nella stragrande maggioranza dei casi restano del tutto sconosciuti e, quel che è peggio, del tutto impuniti.

Nel caso di Lavagna poi, il tentativo di strumentalizzazione dell’episodio in chiave chiaramente razzista e xenofoba fatta da alcuni esponenti di movimenti politici è semplicemente vergognoso poiché si tende a far ricadere un crimine odioso, compiuto eventualmente da un individuo (che, se riconosciuto colpevole, dovrà essere punito secondo la legge) su un insieme di persone, gli immigrati, i profughi dell’Africa giunti nei mesi scorsi a seguito dei disordini e delle guerre che da diversi mesi sconvolgono il nord del continente.

Non mi risulta che analoghe iniziative in difesa delle donne contro, ad esempio, la violenza domestica, siano state portate avanti da quei movimenti. Pure è proprio questa la forma più frequente di violenza che le donne subiscono.

Penso che sarebbe molto più appropriato e rispettoso della vittima, alla quale va tutta la mia solidarietà di donna e di persona, oltre che il mio fraterno abbraccio, manifestare un impegno concreto perché tutti i reati di violenza contro le donne, da chiunque commessi, italiani o stranieri, siano perseguiti già nelle fasi iniziali, senza se e senza ma.

Sarebbe molto più utile, a mio avviso, impegnarsi nella difesa e nel potenziamento dei Centri Antiviolenza che, attivi in tutta Italia, accolgono ogni anno circa 14mila donne in cerca d'aiuto, ma uno dopo l’altro stanno chiudendo nel silenzio assoluto dei media. Colpa dei tagli al sociale e della scomparsa di un finanziamento già previsto, quei 18 milioni di euro del "Piano nazionale contro la violenza di genere" che però non sono mai usciti dalle casse dello Stato.

Utilizzare il dolore di una persona tanto profondamente ferita per aumentare le proprie quotazioni elettorali è una azione che somma violenza alla violenza già inferta alla vittima: in entrambi i casi il soggetto diventa oggetto, strumento per sfogare un istinto bestiale nel primo caso, e per aumentare il consenso nel secondo caso. Spenti i riflettori mediatici ed incassata la relativa visibilità, tutto può tornare come prima, in attesa delle prossime elezioni.

Condividi