lunedì 25 aprile 2011

Moneglia, 25 aprile 2011 – Festa della Liberazione

E’ per me un grande onore portare qui, oggi, il saluto della Provincia di Genova ai partigiani, alle Autorità civili e militari, ai cittadini di Moneglia e poter celebrare con voi, ancora una volta, il 25 aprile.

Il 25 aprile, Festa della Liberazione e della Resistenza, è un momento fondamentale per ricordare e mantenere vivi i valori e gli ideali che spinsero donne e uomini a combattere e offrire la loro stessa vita per consegnarci un’Italia libera dal nazifascismo, un’Italia unita e democratica.

Quest’anno la data del 25 aprile avviene in concomitanza con un altro importante anniversario, i 150 anni dell’Unità d’Italia e in ciò si vengono a sommare i due momenti più importanti della storia del nostro Paese.

150 anni fa furono i Mille guidati da Garibaldi a dare corpo agli ideali di unità e indipendenza dell’Italia, che tornò ad essere un’entità nazionale dopo secoli di divisioni e dominazioni straniere.

La Resistenza che sconfisse il nazifascismo ha posto le basi per la nostra democrazia nata dal sacrificio di quanti combatterono per affermarne gli ideali di libertà, eguaglianza, giustizia.

Con l’affermarsi di questi valori si è completato e perfezionato quel processo di rinascita del Paese che il Risorgimento aveva iniziato tanti anni prima, ma che non era riuscito a portare a compimento realizzando le idee garibaldine e mazziniane che vedevano nella Repubblica il vero obiettivo dei moti ottocenteschi.

Ricordare ciò che furono il Risorgimento e la Resistenza appare oggi, in special modo, oltremodo necessario poiché troppi sono i segnali che fanno temere pericolosi rigurgiti di un passato che sembrava sconfitto e superato.

Se da un lato infatti vi è chi mette in discussione la tenuta stessa dello Stato unitario, dall’altro inquietanti revisionismi tentano da più parti di riscrivere la Storia, alterando la sostanza dei fatti.

La Costituzione, quella Carta fondamentale che universalmente è riconosciuta tra le espressioni più alte del Diritto, è da tempo posta sotto attacco anche da parte di coloro che, ricoprendo altissime cariche istituzionali, furono chiamati a giurare fedeltà ad essa, mostrando così di disprezzare le basi stesse di quello Stato che essi sono stati chiamati a governare. Governare, sia ben chiaro, nelle forme e nei limiti imposti dalle leggi alle quali essi sono tenuti a conformarsi, come qualunque cittadino.

L’Art. 3 della nostra Costituzione dice esplicitamente: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Questo è uno degli articoli fondamentali della nostra Costituzione, quella Costituzione che oggi alcuni vorrebbero stravolgere e sfigurare.

Ricordare e onorare il 25 aprile è tanto più importante oggi, di fronte alle pericolose nostalgie di quanti nel centrodestra, anche qui in Liguria, vorrebbero rendere possibile la ricostituzione del Partito Fascista, abrogando la norma costituzionale che lo vieta. Abolire quel divieto, che è innanzitutto un simbolo della Repubblica italiana, è negare la stessa Costituzione, che tutta intera ruota intorno al ripudio del fascismo e della sua ideologia: la libertà e la democrazia negate, la violenza come strumento politico e di Stato, il razzismo legalizzato.

Vi è un forte legame che unisce il nostro passato al nostro futuro, specialmente in un momento di grande sofferenza per le istituzioni, la politica e la democrazia stessa. Oggi come ieri siamo chiamati a resistere. Nuove sono le forme di oppressione di cui siamo vittima e nuove devono essere le risposte a questi attacchi, che provengono da più fronti: da una criminalità “col colletto bianco“, che dilaga nel Nord del Paese, ammorbandone l’economia; da un sistema di informazione televisiva che propone falsi valori; da coloro che sistematicamente sviliscono le istituzioni, a partire dalla magistratura, il cui compito è quello di applicare le leggi indipendentemente dai condizionamenti di natura politica.

Ma è esattamente la separazione dei tre poteri, quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario che rende possibile quel sistema di pesi e contrappesi senza il quale sarebbe molto più facile una involuzione autoritaria del nostro sistema di governo.

Non meno grave è il decadimento morale della classe politica, un male che purtroppo non risparmia nessuno: trasformismi di ogni genere; risse continue; un rinnovamento che stenta a decollare per le resistenze di chi non sa rinunciare al potere; l’interesse generale subordinato al tornaconto personale, politico e non solo. Con questi comportamenti da “casta” facciamo i conti ogni giorno e contro di essi si scontrano le migliaia di persone che lavorano per difendere e diffondere i valori nati nella Resistenza.

A questa situazione bisogna rispondere con un impegno rinnovato per la Costituzione e la democrazia, contrapponendo la difesa della legalità all’elogio della furbizia; il libero e critico pensiero a quello omologante che va per la maggiore; l’impegno e il talento individuale alle scorciatoie per un successo facile, fondato su relazioni privilegiate; l’interesse di tutti a quello di pochi.

Si è soliti dire “non c’è futuro senza memoria”. Una frase semplice, eppure profondamente vera. Dalla memoria e dallo studio degli errori del passato si deve partire per elaborare un progetto per il futuro, ed è dal nostro progetto per il Paese di domani che dobbiamo partire se vogliamo ricordare e onorare davvero chi ci ha preceduti. Dobbiamo rendere i momenti come quello che ci vede qui riuniti oggi delle occasioni autentiche per la costruzione di un Paese migliore, che sappia porre il suo passato al servizio del suo futuro.

Ricordando il movimento partigiano e festeggiando la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo ci proponiamo di dare un segno importante del nostro impegno verso un futuro diverso per l’Italia, un futuro sognato dai martiri del Risorgimento prima e della Resistenza poi, un futuro che abbiamo il dovere di continuare a realizzare per onorarne la memoria e per far sì che i nostri figli possano vivere in un Paese degno della sua storia e dei suoi Eroi.

Viva la Resistenza, viva il 25 aprile, viva l’Italia.

mercoledì 13 aprile 2011

Emergenza profughi? Una ennesima arma di distrazione di massa.

L’evolversi degli eventi relativi alla gestione della questione dei profughi provenienti dal Nord Africa non sembra trovare ad oggi alcuna soluzione positiva ed anzi sta provocando conseguenze negative e preoccupanti in tutto il Paese. Il Governo, occupato da mesi a tentare di risolvere le problematiche care al Presidente del Consiglio, utilizza l’unica metodologia che, nei confronti del tema dell’immigrazione, ha sempre usato con sicuro effetto mediatico ed elettorale: la paura e la demonizzazione. Invece che affrontare responsabilmente il problema, approntando tendopoli per offrire una prima accoglienza con l’ausilio di esercito, protezione civile, croce rossa, come si fa di solito in questi casi, si è preferito lasciare che i profughi si ammassassero a Lampedusa senza alcuna assistenza, provocando inevitabilmente l’esasperazione della popolazione locale. Quanto alla richiesta di coinvolgimento dell’Europa, che ritengo corretta in generale, essa giunge molto tardiva e soprattutto da parte di forze politiche che, nei confronti dell’Europa, hanno più volte espresso scetticismo e, in seno al Parlamento Europeo, aperta contrarietà alle politiche che l’Europa ha messo in campo. Infine, fallito questo tentativo, si è pensato di scaricare il problema sui Comuni, senza dotarli beninteso di risorse né del dovuto coordinamento, e innescando tensioni sociali che nel clima di paura alimentato da mesi e mesi dal Governo stesso trovano ormai radici profonde, in grado di scatenare vere e proprie reazioni di panico tra la cittadinanza. Testimonianza di questo fenomeno lo abbiamo anche qui in Liguria, nella nostra Genova, città da sempre ospitale e accogliente: ebbene, anche qui si sono registrati preoccupanti episodi di violenza quali il lancio di bombe incendiarie contro un edificio tra quelli individuati per accogliere poche decine di profughi. Se anche questo che dovrebbe essere un gesto naturale di solidarietà per una grande città come Genova viene vissuto con un tale livello di intolleranza da parte di alcuni, significa solo che il germe dell’odio e del razzismo ha germogliato e sta mettendo radici in grado di avvelenare la società. Solo poche ore prima un ex ministro della Repubblica aveva affermato, senza mezzi termini, che era ipotizzabile, del resto, usare le armi contro gli immigrati. Chi ha responsabilità di governo rifletta sul clima che stanno creando, un clima invivibile per tutti, dove la paura dell’altro, dello straniero, è molto utile a deviare altre paure, dovute a problemi ben più concreti ma accuratamente occultati: la crisi economica, la disoccupazione, la perdita dei diritti fondamentali, lo sgretolamento dello stato sociale, l’attacco alla magistratura e alla Costituzione. Lo straniero è allora null’altro che un capro espiatorio alle nostre angosce e insicurezze che hanno tuttavia ben altra origine e capacità di incidere nella nostra vita reale. Concludo chiedendo un minuto di silenzio per le migliaia di vittime annegate nel Canale di Sicilia, uomini, donne, bambini morti sperando di trovare una vita migliore e per sfuggire al loro destino di fame, miseria, oppressione. Per questi esseri umani l’unica liberazione possibile è stata la morte, su questo io credo dovremmo riflettere seriamente, e molto più di un minuto.

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