sabato 25 luglio 2009

Un contributo al Congresso su Mobilità e Trasporti

La Consulta Nazionale “mobilità e trasporti”, costituitasi alla fine di giugno, proprio il giorno dei tragici fatti di Viareggio, propone alle forze chiamate a svolgere il primo congresso del PD di trarre insegnamento da quella sciagura per proporre con determinazione politiche di forte cambiamento.

È vecchia cultura politica quella che parla solo agli addetti, ai leaders, ai gruppi elettoralistici e si esprime solo per ottenere evidenza negli organi d’informazione, senza affrontare i problemi veri del Paese e delle singole persone che lavorano, che devono far tornare i conti di casa o della propria azienda, che studiano o insegnano, che hanno bisogno di solidarietà, di assistenza, di servizi e di infrastrutture sostenibili.
E tutte e tutti hanno il diritto di vivere in condizioni ambientali, urbane e lavorative migliori e più sicure.
Ecco perché abbiamo ritenuto utile mettere a disposizione questo documento sulla “mobilità e i trasporti”, per aiutare il partito ad affrontare una grande e concreta questione della nostra epoca.
E’ un documento concreto, pensato per dare alla politica partecipata il potere delle scelte, per decidere una linea riformista in grado di cambiare in meglio lo stato delle cose presenti. Cambiare con e per la democrazia, con e per la maggioranza degli italiani sulla base di proposte precise e costruite con la partecipazione.


CENTRALITA’ STRATEGICA
Il sistema della mobilità e dei trasporti è una delle “centralità strategiche” per l’Europa e per il nostro Paese. Ma la politica fino ad ora non è stata all’altezza dei cambiamenti e dei bisogni di mobilità delle persone e delle imprese, si è solo mossa nella gestione della frammentazione modale tra corporativismi, gruppi di pressione e gestioni pubbliche incerte negli obiettivi e inadeguate nei mezzi.
Quello che non si è mai affermato è stata una visione d’insieme della mobilità, ovvero della necessità di muoversi da un luogo all’altro dei cittadini e delle merci, ed è stata sottovalutata l’enorme forza propulsiva costituita dal patrimonio di professionalità presente nel mondo del lavoro e dell’impresa.
Il mondo è cambiato ed è cambiata anche la mobilità: nelle modalità, nell’intreccio con i sistemi economici e produttivi, nel rapporto con i territori e con le realtà urbane, nella sostenibilità ambientale in termini di lotta all’inquinamento attraverso le nuove tecnologie per il risparmio energetico e l’uso di fonti energetiche rinnovabili.
Tutto ciò reclama un nuovo approccio culturale e politico per integrare mobilità, territorio, diritti, lavoro e industria.
La globalizzazione ha sviluppato enormemente la mobilità delle persone e delle merci: oggi, in un solo giorno si movimenta quanto in un anno intero degli anni ’70; la crescita di nuove aree produttive mondiali accresce il commercio; la delocalizzazione industriale dissemina la produzione in più nazioni e continenti, poi in altri luoghi le assembla, le vende e quindi le consegna. Questa catena esiste solo grazie ai mezzi di trasporto.
E per chi come noi concepisce l’economia quale strumento per soddisfare i bisogni umani, e oggi anche della biosfera, il grande bisogno di mobilità dell’epoca attuale rappresenta una grande opportunità.
Segnali nuovi arrivano dall’America di Obama, ma anche dalla Cina e dall’Asia, come dalla stessa Europa, che ci dicono chiaramente che con l’innovazione tecnologica ed ecologica delle merci, dei trasporti e dei cicli produttivi si sta mettendo in essere una nuova rivoluzione industriale, come dimostra ciò che sta avvenendo nel mercato dell’auto, nelle varie modalità del trasporto e nelle fonti energetiche.
L’Italia non può stare a guardare come a fatto fino ad ora. Tanto più che, da una parte il Mediterraneo, grazie alla sviluppo del commercio con l’Asia via canale di Suez, ha acquistato nuova centralità, dall’altra l’Unione europea “a 27” si propone di aprire grandi corridoi di comunicazione, in particolare le direttrici ferroviarie e le vie del mare.
Tutto ciò rappresenta nuove opportunità per l’Italia e per il Mezzogiorno.
Ma c’è una ragione in più per proporre forti politiche riformiste della mobilità ed è la crescita del pendolarismo e della richiesta e disponibilità ad avere una mobilità sempre più basata sui mezzi pubblici, su ferro e con mezzi sicuri e meno inquinanti.
Va reso più efficiente, sicuro e sostenibile l’intero sistema delle modalità dalle ferrovie al trasporto locale, dal trasporto marittimo a quello aereo, dall’autotrasporto alla stessa auto.
Più che in ogni altro momento della storia d’Italia questo sistema ha acquisito un enorme valore economico e sociale.
La catena della logistica produce, infatti, il 13% del Pil e impiega direttamente oltre un milioni di persone. In quest’ambito, ad esempio, le ferrovie dello stato che movimentano 600 milioni di passeggeri l’anno ed hanno un ricavo di circa 6 miliardi di euro sono forse la realtà più nota, così pure il trasporto marittimo che ogni anno movimenta oltre 10mln di conteiners e 50mln di persone.
Il Trasporto pubblico locale con 1.100 aziende, 50.000 mezzi, 120.000 addetti per un fatturato di 8mld/E; 15 mln di pendolari ogni giorno usano bus, metrò, tram e treni.
Il trasporto aereo nazionale, largamente influenzato dalla crisi di Alitalia, impiega oltre 20mila addetti e movimenta oltre 60 milioni di passeggeri.
L’autotrasporto, che è composto da oltre 100 mila aziende con 340 mila addetti ed un fatturato di oltre 42 miliardi, movimenta oltre l’80% delle merci.
Dietro queste cifre ci sono i bisogni dell’economia, degli scambi culturali, del lavoro e della qualità della vita delle persone.

UN SISTEMA DA RIFORMARE
Il sistema italiano della mobilità non è all’altezza della nuova epoca.
Esso è caratterizzato da uno squilibrio strutturale verso la gomma, e in generale dal degrado e dall’inefficienza dei servizi pubblici e ferroviari per i pendolari.
È segnato negativamente dall’assenza di programmazione nella logistica, da carenze infrastrutturali in particolare nel Mezzogiorno, dalla separazione tra le singole modalità, dall’assenza di politiche industriali e da risorse finanziarie molto al disotto delle necessità.
L’attuale situazione non è più sostenibile. Il governo delle destre essendo privo di strategia e di sensibilità verso i bisogni dei cittadini e delle imprese, ha una politica conservatrice che aggrava gli squilibri e il degrado del sistema stesso. Non si cura di riformare il sistema e gli sottrae risorse finanziarie o inventa operazioni sbagliate come è accaduto per l’Alitalia o per le concessioni autostradali che hanno garantito sgravi e sovrapprofitti in assenza di adeguati investimenti e fatti pagare alla collettività.
Viceversa, l’Italia ha bisogno di una visione strategica nuova e di politiche riformatrici.
I principali punti di riforma sono:
  1. un governo integrato e programmato della mobilità, a partire da un Piano Generale della Mobilità, gestito non con pesantezze e lentezze burocratiche, ma attraverso un nuovo sistema di governo poggiato su un vero ministero dei trasporti e della mobilità, assegnando una ruolo strategico alle Regioni, assicurando forme concrete di partecipazione degli enti locali, delle associazioni di categoria, degli utenti e costruendo solidi e autonomi organi di controllo per la sicurezza e la qualità dei servizi;
  2. il riequilibrio intermodale, sulla scia del modello europeo della mobilità sostenibile che da maggiore spazio al ferro (treni, tram, metrò), al cabotaggio e ai nodi di scambio tra modi diversi di trasporto;
  3. una politica industriale per consolidare, innovare e qualificare le imprese, aprendole al mercato nazionale ed internazionale, risanando bilanci, incentivando le aggregazioni societarie, sintonizzandole pienamente ai bisogni dei cittadini;
  4. una maggiore disponibilità di risorse, attraverso finanziamenti pubblici e privati, linee agevolate di credito ed efficienza gestionale;
  5. la centralità del bisogno di mobilità delle persone e, in articolare, della “questione pendolari”;
  6. nuove regole per le concessioni autostradali e riorganizzazione del trasporto merci, la costruzione di un vero sistema logistico nazionale, in primo luogo delle cerniere intermodali.

Integrazione, programmazione di nuova generazione, nuova governance, politica industriale, diritti dei pendolari sono gli obiettivi di una politica riformista che si realizzerà non per la spontaneità dei mercati, ma come risultato di scelte politiche forti e di conseguenti e incisive azioni pubbliche.
Politiche indispensabili per realizzare processi di liberalizzazione da cui il mercato possa trarre i necessari indirizzi di qualità, ricevere incentivazioni, sostegni e certezza delle regole.

LE POLITICHE DI RIFORMA: TPL, FERROVIA, AUTOTRASPORTO, TRASPORTO AEREO, MARITTIMO, LOGISTICA
Il settore dei trasporti merci e passeggeri è un indicatore prezioso di misurazione dell’andamento della crisi in quanto direttamente correlato ai traffici e alla possibilità di mobilità delle persone. Per una ferma azione di salvaguardia economica e sociale delle modalità di trasporto, che il governo non fa, la nostra capacità riformatrice deve sostanziarsi nella innovazione per elevare gli standard di qualità nei servizi di trasporto. Solo così sarà possibile superare in avanti la crisi attuale.

a) Trasporto marittimo
Nel breve periodo vanno restituiti i fondi tagliati dal governo, garantito il sostegno all’occupazione anche con la fiscalizzazione degli oneri sociali e rafforzata l’autonomia finanziaria delle Autorità Portuali, nell’ambito della complessiva riforma della Legge 84.
Le autostrade del mare debbono diventare una priorità strategica, ripristinando i fondi tagliati e attivando nuovi incentivi, in quanto sono uno strumento strategico anche per fronteggiare la crisi sul versante dei traffici, nell’ottica di un miglioramento dei fattori ambientali ed economici rappresentato da questa modalità di trasporto integrata.
La crisi della Tirrenea va superare garantendo il servizio universale e l’occupazione, e la riorganizzazione societaria va assunta col pieno coinvolgimento e delle regioni.
Sulla Tirrenia il governo è in un vicolo cieco: non ha un piano, quello che ha commissionato è inadeguato, non ha garantito le risorse necessarie al mantenimento dei servizi universali di continuità verso le piccole isole, non può razionalizzare i servizi perché i lavoratori marittimi non sono dotati di strumenti di tutela al reddito, pertanto una loro messa in mobilità si tradurrebbe in immediato licenziamento.
Per di più il Governo è costantemente tirato per la giacca dagli armatori privati che anziché liberalizzare un comparto vogliono essenzialmente sostituire un monopolio pubblico con uno privato.
Per questo noi non possiamo che confermare la necessità di rifinanziare i servizi di trasporto universale, definendo precisamente l’ambito, con particolare attenzione agli abitanti delle piccole isole.
Procedere ad un effettiva liberalizzazione dei servizi a mercato prevedendo un effettivo coinvolgimento delle regioni come soggetto regolatore e garante dei servizi.
In questo senso il processo di totale privatizzazione della compagnia Tirrenia intrapreso dal Governo è un atto non richiesto dall’Unione Europea e costituisce una pericolosa scorciatoia per la non soluzione a un problema complesso.

b) Autotrasporto
Va attentamente valutato l’impatto sociale della crisi sul settore che se non correttamente governato innescherà forti e serie tensioni sociali. Il governo, quindi, deve rispettare gli accordi e gli impegni presi con le categorie e andrebbero accolte le proposte sul dilazionamento per tre anni del pagamento dell’INPS.
Si rende indispensabile una regolamentazione rigorosa della normativa di settore e andrebbe esteso il controllo sull’intera filiera per consentire sia una efficiente gestione imprenditoriale, sia tariffe in linea con i requisiti di sicurezza e di legalità. Nell’immediato va attivato e fatto funzionare dell’Osservatorio.
Più in generale va pensato un riordino del settore sul fronte della filiera e delle imprese che oggi soffrono di una eccessiva polverizzazione.
In particolare occorre prevedere azioni a lungo termine di incentivi e disincentivi in grado di favorire un processo di aggregazione delle imprese di autotrasporto oggi per la gran parte costituite da piccoli padroncini che spesso affittano la propria motrice a braccia straniere sottoposte a turni di lavoro disumani.

c) Trasporto aereo.

La critica all’operazione Cai, nuova Alitalia, da noi fatta al governo è stata forte e chiara: operazione sbagliata e dannosa.
Ora, le cose non sono risolte. La situazione è ancora pesante per l’azienda, le maestranze, i cassintegrati e i passeggeri.
I punti su cui dobbiamo impegnarci riguardano :
- il rispetto degli accordi sindacali, perché si denunciano odiose e inaccettabili discriminazioni verso le donne e le categorie più deboli, i cassintegrati ancora non percepiscono una sicura cassa integrazione, le buste paga per chi è stato riassunto sono state decurtate rispetto agli accordi, è messa in discussione la professionalità del personale di volo in cassa integrazione.
Tutto ciò a dispetto degli accordi siglati a palazzo Chigi, e grazie ai quali la nuova compagnia aerea ha beneficiato di particolari condizioni di favore rispetto alla concorrenza sul mercato interno con il congelamento degli slot inutilizzati, e di una legislazione di particolare favore sul piano degli ammortizzatori sociali con la riforma della c.d. legge Marzano.
- Va costituita una nuova società di manutenzione per coinvolgere professionalità di altissimo livello, un vero e proprio patrimonio nazionale costituito da 7 hangar, 40 officine, centro di addestramento con tecnologie di ultima generazione, scuola di formazione tra le più qualificate d’Europa.
Viceversa il governo ha di fatto abbandonato e fatto abbandonare ogni politica industriale di questo settore.
- Va rilanciata la questione della riforma complessiva del sistema del trasporto aereo ripartendo dalle linee tracciate dal Ministro Bianchi durante il governo Prodi, sulla base delle quali, per esempio, sarà possibile fare un piano degli aeroporti e risolvere stabilmente la questione Malpensa, riformare l’Enac e l’Assoclearance, riorganizzare la regolamentazione, i controlli e la vigilanza del sistema.
Più in generale, per il trasporto marittimo, l’autotrasporto e il trasporto aereo servirebbe una gestione politica della crisi istituendo “tavoli di crisi” tra governo, imprese e sindacati per trovare soluzioni adeguate.

d) Trasporto Pubblico Locale
La situazione è ancora più pesante se guardiamo al Trasporto Pubblico Locale (TPL), che rappresenta un settore strategico per la qualità della vita delle persone e per l’economia, per la salute e l’ambiente delle città.
Quello che serve e su cui dobbiamo impegnarci con più determinazione è l’assunzione della centralità dei diritti del cittadino-utente e per questo avanziamo precise proposte politiche:

  • non abbandonare la strategia delle liberalizzazioni regolate e trasparenti, che non sono privatizzazioni ma politiche, che pur tenendo conto delle differenti realtà territoriali, siano in grado di favorire il confronto competitivo tra aziende al fine di efficientare ed economizzare il servizio, garantire la trasparenza delle gare e la selezione delle aziende, tutelare la qualità e l’universalità del servizio ai cittadini;
  • riordino e certezza delle regole di assegnazione delle gestioni,
  • piano straordinario per l’acquisto nei prossimi 7 anni di 26000 bus meno inquinanti e confortevoli,
  • piano decennale d’investimenti per terni, metrò e tram;
  • piena integrazione con i sistemi ferroviari regionali.

Nei più importanti paesi europei il TPL rappresenta una priorità dei governi, mentre da noi neppure se ne parla e (di conseguenza) quasi si azzerano le risorse.

Sistema ferroviario.
Per il sistema ferroviario vanno affrontate tre questioni fondamentali.
La prima riguarda l’ultimazione dei tratti conclusivi della Tav la linea AV-AC per il collegamento veloce da Torino a Napoli e da Torino a Venezia con futura estensione auspicabile a Genova a Trieste e a Bari, costituisce una dorsale essenziale per innovare il sistema infrastrutturale nel nostro paese e realizzare “la metropolitana d’Italia”. I costi di tale opere vanno messi monitorati in modo puntuale, trasparente e permanente considerato che rispetto i costi europei sono enormemente sproporzionati.
Corrispondentemente a ciò devono essere potenziati e migliorati i livelli di collegamento e di connessione con la rete tradizionale proprio per realizzarne un sistema unico.
In questo senso è intollerabile il livello di qualità che si registra sui servizi regionali che ha visto precipitare la velocità commerciale ai livelli di sessanta anni fa per il 95% dell’utenza ferroviaria con standard e confort di viaggio per lavoratori e studenti assolutamente inadeguati.
Inoltre il processo di liberalizzazione deve continuare rafforzando e potenziando il ruolo dello stato regolatore e la netta separazione tra chi gestisce l’infrastruttura e chi realizza i servizi.
In questo una particolare attenzione va posta alla reciprocità delle norme con i paesi a noi concorrenti e soprattutto sui sistemi di controllo finalizzati alla effettiva sicurezza sui trasporti di passeggeri e merci come i recenti avvenimenti dimostrano.

La seconda, è che il sistema deve garantire oltre alla mobilità delle persone anche quella delle merci. Oggi non è così, in troppe realtà mancano collegamenti ferroviari tra porti interporti e assi ferroviari, che sono essenziali per l’effettivo decollo della logistica a modalità integrata nel nostro paese. E le linee hanno strozzature infrastrutturali (gallerie, binario unico, non elettrificazione, ecc) che non permettono il movimento dei treni merci.

La terza, è che le regioni debbono essere messe nelle condizioni di svolgere un ruolo centrale nella programmazione e nella scelta dei servizi e delle aziende.
In questo quadro le iniziative sociali e territoriali da intraprendere sono:

  • (forte priorità) dare risposte ai bisogni dei pendolari rafforzando le ferrovie regionali con l’acquisto di 1000 nuovi treni, l’intervento sui nodi ferroviari e l’introduzione di nuove tecnologie,
  • intervenire immediatamente sulle linee del Mezzogiorno per migliorare il servizio, per esempio sulla linea jonica che interessa Puglia, Basilicata e Calabria (circa 400 km, non elettrificata e con un solo binario) dove c’è bisogno di treni nuovi, nuove tecnologie, pulizia, tempi umani di percorrenza e di elettrificazione. Non servono grandi investimenti per infrastrutture, che non finiscono mai, ma interventi sul servizio che sono meno costosi e immediatamente incisivi,
  • accelerazione dell’uso delle linee liberate dall’AC/AV per i sistemi ferroviari regionali metropolitani;
  • collegamenti porti, aeroporti e ferrovia, come base per la costruzione di una rete logistica.

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