domenica 8 novembre 2009

Bersani: non credo al partito di un uomo solo, ma a un collettivo di protagonisti



In una bella giornata di sole romano si è svolta a Roma, presso la sede della Nuova Fiera, l'Assemblea Nazionale del Partito Democratico. Giunti da tutta Italia fin dal primo mattino, i delegati si sono ritrovati nei grandi padiglioni per prendere parte, non senza emozione, all'evento che avrebbe sancito, in forma ufficiale, l'elezione di Pier Luigi Bersani a nuovo segretario del PD.

Ci si incontra, ci si ritrova, ci si saluta con affetto: cerco altri delegati dalla Liguria, e trovo quasi subito Margherita Mereto Bosso, segretaria dei Giovani genovesi. E gli altri? Siamo tanti, non è semplice ritrovarsi nella moltitudine. Entriamo percorrendo i lunghi camminamenti che ci portano ai padiglioni dedicati all'evento, sono davvero grandi, allestiti con una sobrietà che ci piace: il pavimento è un unico immenso tappeto rosso fuoco, che fa risaltare ancora di più il biancore della grande architettura industriale.

Ci accreditiamo, e ritirata la delega per le votazioni passiamo nel padiglione dedicato ai lavori dell'Assemblea. C'è già parecchio movimento, incontriamo Roberta Pinotti che ci saluta con affetto. Iniziano ad arrivare anche alcuni altri volti "noti": Ermete Realacci, Enzo Bianco, David Sassoli...vedo Mercedes Bresso e la saluto complimentandomi con lei per la determinazione con cui ha deciso di fare le gare per il trasporto ferroviario in Piemonte: "lunedì partono" è la risposta.
Più tardi incontreremo anche Mario Tullo, con il quale non manchiamo di parlare (anche oggi!) di porti e trasporti.

Troviamo posto proprio davanti al podio, qualche fila dietro i posti "riservati".

Prende la parola Maurizio Migliavacca e dopo un breve saluto e ringraziamento a tutti coloro che con la loro opera di volontari hanno reso possibile lo svolgimento del Congresso, annuncia i risultati ufficiali delle Primarie, che confermando quanto già i Circoli avevano detto, proclamano Bersani nuovo segretario del Partito Democratico:
Bersani 1.603.531 voti pari al 53,15 %;
Franceschini 1.035.026 voti pari al 34,31%;
Marino 378.211 voti pari al 12,54%.
Hanno votato in tutto 3.067.821 persone.

Bersani è il nuovo Segretario del Partito Democratico, l'applauso è unanime e quasi liberatorio, anche se non vi era nessuna sorpresa: tutti in piedi a salutare, insieme al nuovo segretario, la fine del lungo Congresso e il ritorno a tempo pieno all'azione politica.

Bersani ha preso la parola e si è rivolto al paese e al partito con un discorso concreto e denso di proposte, dalla crisi economica alle riforme istituzionali. «Ho detto più volte», ha esordito Bersani, «che non credo al partito di un uomo solo, ma a un collettivo di protagonisti. So bene che questo collettivo deve avere forme contemporanee, e rinunciarvi sarebbe regredire. Mi rivolgo a voi non come ci si rivolge a una folla ma come ci si rivolge al gruppo dirigente di un partito, corresponsabile di questa avventura. Per preparare l'alternativa». "Per l'alternativa", infatti, è proprio lo slogan che campeggia nel padiglione 13 della Fiera di Roma. Un'alternativa che passa dal ripudio del leaderismo e dalla costruzione di un partito vero. «Noi siamo orgogliosi di sentirci costruttori di un partito. Costruendo un partito realizziamo la Costituzione, che parla di partiti e non parla di popoli. Esiste un'altra modernità, alternativa alla deformazione plebiscitaria della nostra democrazia. Una modernità che può venire dal rafforzamento e dalla riforma del sistema parlamentare, da una legge elettorale che riconsegna ai cittadini la scelta dei parlamentari». Una riforma in attesa della quale, ha precisato poi Bersani nelle sue conclusioni, «meglio fare le primarie per scegliere le posizioni nelle liste per il parlamento». Il neosegretario ha tenuto una relazione solida e accurata, fondata sull'analisi dei problemi che investono il paese, proponendo «un'assemblea di mille amministratori del Pd, aperta ad amministratori di ogni orientamento, per denunciare il federalismo delle chiacchiere e parlare di federalismo dei fatti. Non si pensi, a cominciare dalla Lega, di poter raccontare delle favole mentre noi stiamo zitti». Secco col governo - «dialogo no, confronto sì, ma solo in parlamento e non sugli affari del premier» - e fiducioso sulle possibilità di D'Alema di diventare ministro degli esteri dell'Unione Europea - «ne saremmo orgogliosi» - Bersani ha proposto, tra le altre cose, un sistema di quote per valorizzare la presenza femminile non solo in politica, ma nella società. «Noi non tolleriamo la posizione discriminata delle donne. Vogliamo guidare un forte movimento di opinione che chieda una soluzione transitoria di quote, perché la discriminazione più forte è quella che tiene le donne fuori dai centri decisionali». Concretezza e pragmatismo anche su questo delicato argomento, che del resto è stato affrontato nello stesso modo in altri paesi europei (Norvegia, Francia), dove si è introdotto un sistema di quote per riequilibrare la presenza femminile nei consigli di amministrazione e nei luoghi decisionali. Presenza che non va mai disgiunta dal merito e dalle capacità, è chiaro, ma ciò non può essere un alibi per relegare le donne in ruoli di comprimarie.

Il punto centrale del suo intervento, Bersani lo dedica al progetto del nuovo partito, sgombrando il campo da dubbi e dalle tentazioni "nostalgiche" che i suoi avversari gli avevano attribuito durante la campagna congressuale. «Dobbiamo costruire il partito che abbiamo promesso ai cittadini e ai militanti. Nessuna nostalgia deve imprigionarci o trattenerci, dobbiamo sentire la necessità del nuovo da costruire. Ci rivolgiamo a tutto il centrosinistra, senza trattino, nella legittima ambizione di farci più forti. Liberiamoci da parole vecchie e passate, la nostra proposta politica non è una coperta da tirare al centro o a sinistra. Quel che conta è il progetto, l'idea di paese. Al di fuori di questa ambizione non si è più di centro o più di sinistra, si è un partito piccolo condannato nei nostri confini». Anche per questo, ha poi precisato Bersani nel corso delle sue conclusioni, «il Pd è coperto sia a sinistra che al centro». Un passaggio particolarmente apprezzato che ha trascinato gli applausi fino alla fine della relazione - «Un partito giovane ci chiede di essere giovani nel cuore» - accolta da una standing ovation.

È stato anche il giorno dell'elezione dei nuovi organismi, dal vicesegretario Enrico Letta ai 120 componenti della direzione nazionale. Tra i liguri chiamati a farne parte figurano Andrea Orlando, Roberta Pinotti e Mara Carocci, oltre a Claudio Burlando (Presidente di Regione), Lorenzo Basso (Segretario Regionale) e Marta Vincenzi (Sindaco di area metropolitana).
E' stato anche il giorno dell'elezione della presidente del partito, Rosy Bindi, visibilmente commossa nell'accogliere la nomina e nel ricordare il suo predecessore, Romano Prodi.

Sono stati eletti vicepresidenti Ivan Scalfarotto e Marina Sereni espressione rispettivamente della mozione Marino e Franceschini.

Durante la fase riservata agli interventi liberi, sia Dario Franceschini che Ignazio Marino hanno dato al neosegretario la loro disponibilità a lavorare insieme. Marino si è detto «molto soddisfatto del discorso di Bersani», al quale ha messo «a disposizione le nostre forze», perchè ora «ci faccia vincere». Stesso concetto ribadito, seppure con qualche sorriso in meno, da Dario Franceschini: «Abbiamo la responsabilità di sostenere lealmente chi ha la responsabilità di guidare il partito: noi, Pier Luigi, faremo così».

E' arrivato il tempo dei saluti. Rosy Bindi annuncia la fine dell'Assemblea, non senza fissare il prossimo appuntamento: ci vedremo già tra un mese, o al massimo subito dopo Natale. Non possiamo perdere tempo, c'è tanto da fare, e con la collaborazione di tutti dobbiamo onorare quella responsabilità che le Primarie ci hanno affidato.

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