lunedì 11 agosto 2008

Genova, ripartire dalla città

Leggevo oggi su un noto quotidiano genovese del nuovo orientamento che il Comune di Genova starebbe adottando nei confronti delle politiche urbanistiche, e mi riferisco in particolare al tema del “ricompattamento” dei tessuti urbani. Questo nuovo orientamento si configura come una netta alternativa alla pratica, molto diffusa qui e in altre grandi città negli scorsi decenni, di disseminare aree più o meno periferiche di insediamenti abitativi, commerciali, terziari, nella malcelata speranza di rivitalizzarli decongestionando nel contempo le aree centrali.

Questa pur lodevole intenzione si è scontrata ahimè con una scarsa, per non dire del tutto assente, politica dei trasporti pubblici, consegnando il tema della mobilità (dal quale pur occorreva partire!) alla casualità e al trasporto privato, che come era logico supporre ha significato porre le basi per un crescente congestionamento delle vie di comunicazione.

In realtà, se alcune esperienze europee (cito, su tutte, la Defence di Parigi) erano lì a dimostrare che è dall’organizzazione della mobilità che occorre partire prima di lanciare nuove grandi operazioni urbanistiche, in Italia non si è riuscita ad andare oltre la logica delle piccole speculazioni, i cui oneri di urbanizzazione non riuscivano per nulla a compensare le diseconomie indotte dalla carente pianificazione di infrastrutture per la mobilità e la socialità.

Ci si è trovati così di fronte a periferie sempre più isolate e difficili da gestire in termini di servizi, con alti costi quasi sempre ricadenti sulle spalle dei singoli cittadini, costretti dalla carenza di infrastrutture all’uso, sempre più costoso, dell’auto.
In alcuni casi i costi per realizzare infrastrutture si sono rivelati altissimi e a totale carico della collettività, che avrebbe potuto e dovuto saper meglio sfruttare le economie di scala muovendosi più in una logica di completamento, rispetto a quella delle realizzazione ex-novo.

Già nei mesi scorsi, commentando le dinamiche inerenti la mobilità ed in particolare la difficoltà crescente del trasporto pubblico di soddisfare le richieste di servizio provenienti dai cittadini, ebbi ad osservare come la dispersione urbana costituisca una scelta ad alto rischio, in quanto rende molto più costosi e poco efficienti i servizi di trasporto pubblico, e fa aumentare parallelamente la congestione dovuta all’aumento di autovetture circolanti.

Il modello della città policentrica, se basato esclusivamente o quasi sulla mobilità privata, porta inevitabilmente alla congestione e alla paralisi, annullando quegli ipotizzati effetti benefici che il decentramento prometteva, ma che si traducono sostanzialmente in aumento delle distanze da percorrere, senza che il traffico diminuisca di intensità.

Non posso quindi che concordare pienamente su questo “nuovo corso” inaugurato dal Comune di Genova, e augurarmi che tale orientamento sia di stimolo per riconsiderare tutte le scelte di futuri interventi, che a mio parere devono ora essere pianificati in quest’ottica che tenda, prima di tutto, alla razionalizzazione e ottimizzazione del tessuto esistente, rilanciandone le funzioni e riqualificandolo, ricercando l’equilibrio tra costi e benefici in funzione di un miglioramento complessivo della qualità della vita dei cittadini.

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