giovedì 8 maggio 2008

Quando la violenza è opera di “bravi ragazzi“

Un ennesimo, gravissimo episodio di violenza cieca e bestiale, è accaduto nella città di Verona, operosa e tranquilla città nota ai più per il balcone di Giulietta, o per la stagione lirica che vi si svolge ogni estate.

Un giovane, per futili motivi, è stato selvaggiamente aggredito e picchiato, fino a morirne, da un gruppo di giovani, giovanissimi anzi, che al rifiuto di una sigaretta hanno pensato fosse loro diritto il punire l’affronto con pugni e calci che hanno portato Nicola Tommasoli, questo il nome della vittima, alla morte.

Colpisce, in questa vicenda, come, individuati i responsabili del brutale gesto, subito siano stati definiti come dei “bravi ragazzi”, persone tranquille. Le famiglie ed i legali, prontamente costituitisi a difesa dei responsabili, si sono affrettati a dire che trattatasi di giovani di buona famiglia, studenti modello, addirittura, mentre la Digos ha successivamente chiarito che di alcuni di essi sono noti episodi analoghi di intolleranza quando non di aggressioni a danni di “diversi” perché del sud Italia o extracomunitari. Le stesse famiglie hanno aiutato due degli aggressori a fuggire in Austria, in luogo di responsabilizzare i loro figli sul crimine commesso.

Colpisce, parimenti, come si siano tentati paralleli e fatti confronti tra episodi molto diversi quali, ad esempio, la contestazione dell’invito al salone del libro dello Stato di Israele avvenuta in occasione del primo maggio a Torino da parte di alcuni gruppi della cosiddetta Sinistra radicale.
L’attuale Presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha affermato in occasione di una nota trasmissione televisiva che giudicava più gravi i fatti di Torino rispetto all’aggressione perpetrata ai danni di Nicola Tommasoli. Ora, io non condivido il boicottaggio della Fiera in chiave anti Israele, non perché io non sia critica nei confronti della politica di quello Stato, critica avvalorata peraltro dalle numerose risoluzioni dell’ONU che censurano molti comportamenti che Israele adotta nei confronti del popolo Palestinese, ma perché penso che la Fiera sia un’occasione di dialogo e di confronto tra intellettuali e uomini di cultura, e che su questo piano sia possibile effettivamente avviare un percorso di condivisione che porti ad un futuro pacifico ed equo per entrambi i popoli.

Pur con questo doveroso distinguo, non è accettabile che si dica che una contestazione sia pure fatta con clamore e toni accesi è più grave di un selvaggio pestaggio con conseguente omicidio.

Forse si voleva dire che dal punto di vista politico i fatti di Verona sono meno cogenti, in quanto frutto di pura violenza, di disagio adolescenziale, di rabbia metropolitana. E così facendo, la politica si salva l’anima, per così dire. Eppure, non si può non cogliere un forte significato politico nel fallimento del progetto sociale che non ha saputo forgiare le coscienze specie dei più giovani, rendendole al più contenitori di stimoli pubblicitari e di valori attribuiti alle cose, più che alle persone. In questo vuoto esistenziale, dove la cultura è un optional snobistico, la mancanza di strumenti di relazione con il mondo fa individuare nel gruppo o meglio nel branco, l’unico mezzo per costruirsi una identità che per affermare la propria esistenza, deve necessariamente inquadrare dei nemici da sconfiggere, da umiliare: solo così riesce a consolidare ai propri occhi una esistenza altrimenti troppo conscia della sua nullità ed inconsistenza.

Ignoranza, mancanza di una visione solidale e aperta verso il mondo che cambia, paure coltivate ad arte anche da certe formazioni politiche che non cessano di soffiare sul fuoco della paura e della diffidenza ad oltranza di tutto ciò che è appena estraneo e, per questo stesso, temibile o disprezzabile: in questo la politica è responsabile e di questo deve farsi carico.

1 commento:

Frakayak ha detto...

Devo dire che sei una persona concreta e di buoni principi.
Complimenti..

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