domenica 11 aprile 2010

Quando le regole servono per discriminare i più deboli

Vorrei partire da alcuni recenti episodi per svolgere una breve riflessione sul tema delle regole e di come a volte la loro strumentalizzazione ne stravolga il senso trasformandole da strumenti di giustizia nel loro esatto contrario.

Negli ultimi tempi si va diffondendo tra i sindaci leghisti la moda di escludere dalla mensa scolastica i bimbi i cui genitori non pagano la retta mensile.

Pagare la retta della mensa scolastica dei figli fa parte dei doveri di un cittadino responsabile, così come si deve pagare il biglietto del treno o la tassa sulla spazzatura. Tutto vero, le regole sono importanti, anzi fondamentali per organizzare la convivenza civile. Questo pensava Socrate, per il quale violare le leggi equivaleva a distruggere le regole della convivenza umana.

Le leggi però non sono concepite per discriminare, ma per mettere tutti sullo stesso piano di diritti e di doveri. Non pagare la mensa scolastica dei figli perché si spendono i soldi in vacanze e in macchine nuove, ad esempio, non è lo stesso che non pagare perché non si hanno soldi sufficienti e si è magari senza lavoro.

Sarebbe quindi utile verificare, prima di tutto, il motivo dei mancati pagamenti, agendo sempre per tutelare il diritto di minori che, non dimentichiamolo, sono i primi a subire le conseguenze di questa discriminazione, tanto più odiosa perché adombra motivi di stampo chiaramente razzista.

Analizzando infatti la nazionalità delle famiglie colpite dal provvedimento si scopre che in grande maggioranza non sono italiane, e allora appare chiaro il reale scopo dell’iniziativa, che con estremo cinismo mira ad ottenere in realtà alcuni risultati, tra i quali a prevalere non è certo quello della contribuzione economica alla mensa scolastica:

1. si ottiene il consenso dell’opinione pubblica filo-leghista seguace della nuova (aberrante) ideologia che tende a limitare la sfera dei diritti ai soli cittadini italiani, in contrasto o, più facilmente, ignorando totalmente ogni riferimento alla Carta dei Diritti dell’Uomo e alla nostra Carta Costituzionale;

2. si punta l’attenzione dell’opinione pubblica su una mancanza (senza approfondire i motivi) ingigantendone negativamente la portata allo scopo di dare una immagine negativa di chi viene escluso;

3. l’enfasi appare così sproporzionata che l’esclusione sembra dover avvenire non solo dalla mensa scolastica, ma dalla stessa società cittadina, delle famiglie “inadempienti”;

4. si pongono le basi per fare terra bruciata attorno alle famiglie i cui genitori, spesso impiegati in lavori al nero, o sottopagati, in questa fase economica di crisi non servono più alle stesse condizioni, o meglio servono ma se si accontentano ancora di meno, se sono disposti a lavorare più ore, con meno sicurezza, ecc.;

5. accentuando il conflitto tra poveri si creano le condizioni per ottenere mano d’opera (italiana e straniera) ancora più a basso prezzo;

6. si facilitano fenomeni di espulsione di stranieri che, consapevoli della loro importanza economica per quei territori, iniziano a rivendicare i loro diritti di lavoratori: si potrebbe parlare di tante Rosarno più “soft” dove ai bastoni e alla folla urlante si sostituiscono fenomeni striscianti ma non meno efficaci di espulsione, in attesa dell’arrivo di nuovi stranieri, magari clandestini, più “addomesticabili” e sicuramente più ricattabili rispetto ai colleghi ormai troppo “pretenziosi”.


Sarebbe interessante capire se altrettanto decisamente i sindaci hanno perseguito l’applicazione delle leggi sul lavoro nero e sullo sfruttamento di mano d’opera a basso costo che caratterizza tanta parte della nostra economia, in tutte le regioni, da nord a sud.

Rispettare le regole conviene sempre a tutti, o almeno in tutti coloro che credono che la legge non debba tutelare i diritti dei più forti a discapito di quelli più deboli. Usare le leggi per discriminare è però la stortura peggiore del patto sociale che lega i cittadini, una torsione del diritto che evoca il periodo più buio del secolo scorso. Non riconoscere la china pericolosa che alcuni amministratori e politicanti in genere stanno imboccando, usando le paure della gente per cavalcarle a fini di ricerca del consenso elettorale, potrebbe essere l’errore più grande da parte di tutti coloro che si riconoscono in un sistema di regole in grado di difendere la democrazia e lo Stato di diritto, quindi tutti noi.

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