giovedì 19 luglio 2007

Mares, Rapallo: quando il marchio non è più made in Italy

La vicenda della Mares di Casarza-Rapallo (progressiva riduzione degli organici da 360 persone alle attuali 200, e recente tentativo di licenziarne altre 23) è un esempio emblematico di cosa significhi delocalizzazione. Un marchio italiano può essere comprato da finanzieri stranieri e utilizzato per rivestire prodotti fatti all’estero, con l’unica ottica della riduzione dei costi di produzione, magari dopo aver ottenuto consistenti finanziamenti dall’UE per produrre in Italia. Cosa infatti costringe il finanziere austriaco a mantenere gli impegni occupazionali? Purtroppo allo stato attuale nulla. Può decidere come e quando vuole di andare a produrre all’estero, e continuare a fregiarsi del made in Italy per i prodotti a marchio Mares. Ma è giusto? Anche dal punto di vista dei consumatori, non è una truffa? Chi crede di comprare italiano e compra, mettiamo, bulgaro, non dovrebbe sentirsi raggirato? Io credo di sì, ed è per questo che in sede europea si dovrebbe mettere mano alla normativa per scongiurare la possibilità di operare simili truffe ai danni dei cittadini, e dei consumatori, e dei lavoratori.

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